RomaManette per il Cav? Votare per il suo arresto? Spezzare il cordone sanitario steso da Giorgio Napolitano? Il Pd sembra pronto allo strappo, alla guerra contro il «suo» presidente. «Se in Parlamento arrivasse una richiesta per Silvio Berlusconi e gli atti fossero corretti e fondati, non avremmo alcuna preclusione a dire sì. Noi rispettiamo il lavoro dei magistrati». Lo dice Maurizio Migliavacca, senatore democratico, coordinatore della segreteria: non uno qualsiasi, ma il braccio destro di Bersani. Parole che fanno il paio con quelle lunedì scorso di Vito Crimi, capogruppo grillino al Senato: «Ovviamente sì. Voteremmo pure per l'ineleggibilità». C'è da fare un governo e il Pd rincorre M5S. «Ma la Procura di Napoli non ha formulato alcuna richiesta di arresto o altre misure cautelari per Berlusconi», dice il procuratore Giovanni Colangelo.
Napolitano, come ha spiegato martedì sera, vuole «garantire al leader del secondo schieramento la partecipazione a questa complessa fase politico-istituzionale». Certo non sarà contento di questa accelerazione manettara, ma spera ancora di riuscire ad abbassare la tensione. Intanto registra l'ennesimo attacco che gli rivolge Beppe Grillo. «Povero Paese - scrive il comico sul suo blog - dove un presidente della Repubblica, invece di andare in prima serata in televisione a condannare un atto eversivo di portata enorme come la triste sfilata di parlamentari negli uffici giudiziari, riceve Alfano al Quirinale il giorno dopo». Senza contare che pure gran parte del Csm, invece di astenersi dalla diatriba come chiedeva il vicepresidente Vietti, difende apertamente i pm milanesi: «Hanno rispettato la legge, la manifestazione del Pd ha messo a rischio l'indipendenza della magistratura».
Ma Grillo è Grillo, ormai sul Colle si sono abituati al suo frasario. E il Csm difende la categoria. Semmai quello che preoccupa è lo slabbramento generale, la possibilità che la situazione diventi ingestibile: se lo scontro politica-giustizia non si ridimensiona, sarà difficile trovare un accordo per il governo. E i mercati sentono già odore di sangue.
Sarà per questo che Napolitano, dopo aver detto quello che doveva dire, per un giorno preferisce di occuparsi di altro. Come per esorcizzare i rischi, o per indicare i veri problemi del Paese che i partiti «annebbiati» non vedono, eccolo che parla di investimenti e di economia reale con Giorgio Squinzi. Il presidente della Confindustria, ricevuto in udienza al Quirinale, si dice preoccupato, «in assenza di concreti interventi», per la crescita e l'occupazione. E il capo dello Stato gli dà ragione.
Altro che giustizia, sostiene, «le forze politiche in questa fase devono porre al centro dell'attenzione i problemi dell'economia». Bisogna fare qualcosa, e farlo presto, per le imprese. Ad esempio, scongelando i pagamenti statali. «Considerata la necessità di sollevarle da una pesante condizione finanziaria - si legge nella nota del Colle - risultano urgenti misure per rendere possibile lo sblocco dei pagamenti dovuti dalla pubblica amministrazione». La «balcanizzazione» del quadro politico, il clima da tutti contro tutti sta infatti facendo passare in secondo piano la vera emergenza italiana, quella finanziaria. In attesa che parta la trattativa per formare un nuovo governo, la crisi di appesantisce.
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