Non è solo insegnamento, è catechismo. É educare i figli ai principi della fede, al dogma eterno che ti segna dentro, qualche volta a porta vuota. Prendi «Febbre a 90», un milione di copie vendute solo nel Regno Unito, la bibbia dell'Arsenal, ma anche la sintesi dei principi del tifo universale: «Mi innamorai del calcio come mi sarei innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o allo sconvolgimento che avrebbe portato con sé». Nick Hornby, che ha scritto quella bibbia, ha un figlio, 9 anni, ossessionato dal calcio e cotto dell'Arsenal. «Tutti dicono che sono io. E invece sono i compagni a scuola». Giusta la punizione: «Viene a casa e dice: papà, lo sai che i giocatori dell'Arsenal li chiamano Gunners?...» E lui: «Figliolo, a me lo dici?...». Papà Claudio Amendola non ha disertato invece la didattica religiosa: «Per far diventare mio figlio Rocco romanista gli ho fatto sparire i giocattoli dalla stanza. E poi gli ho detto: Sono stati i laziali a rubarteli...». E per fissare bene il concetto nella capoccia qualche giorno dopo glieli ha fatti ricomparire: «Hai visto? Che bravi i romanisti a riportarteli...»
Non sempre funziona anche nei templi della fede. Davide, figlio di Materazzi l'interista, è milanista: «Una volta ero in giro per le vie del centro io con la tuta dell'Inter e lui con la maglia di Kakà. Voleva venire al derby vestito di rossonero, ma gliel'ho impedito: questo figliolo te lo togli dalla testa...». Achille, figlio di Costacurta il milanista, è interista. O almeno era giura mamma Colombari, juventina: «Fino a 5 anni era innamorato dell'Inter per Ibra, poi quando è passato al Milan ha condiviso la fede di papà». Anche Chiara, figlia di Teo Teocoli, da piccola era interista perché innamorata di Bobo Vieri. Con fede, speranza e carità papà l'ha convertita rossonera. Per questo forse si chiamano virtù «teologali»...
Le colpe dei padri ricadono sui figli. Diego Maradona junior, figlio del Pibe e di Cristiana Sinagra, è tifoso del River Plate, nemico giurato del Boca Juniors di cui è simbolo papà. Gli hanno regalato una maglietta con il numero 10, non si sa bene se per fare un piacere al figlio o un dispetto al padre. Pino Insegno con il papà allo stadio non ci vuole andare più: «Lui è genoano, io laziale. Tutte le volte che andiamo a vedere la partita assieme le becco». Evelina Tortul, 92 anni, mamma di Fabio Capello, invece spasima solo per il pargolo, Inghilterra, Russia, ma non Italia: «Per chi altri dovrei tifare se non per mio figlio?». Un peccatuccio rispetto a Andrew Mann, inglese ma pazzo per il Brasile che ha battezzato il figlio con i nomi di tutti i giocatori brasiliani tri campeao con qualche aggiunta volante.
Di cognome però fa solo Mann...
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