Politica

La mannaia dei giudici abruzzesi sulle elezioni

I sostituti di Pescara che accusano il governatore Chiodi sostengono il candidato Pd

Chiodo scaccia Chiodi? Il chiodo, il chiodo fisso sembra essere, ancora una volta quello di una magistratura, di una certa magistratura non propriamente super partes che, anche nel «caso Abruzzo», pare si stia impegnando, meticolosamente per confondere carte, accuse e accusati.

Che cosa sta succedendo? Sta succedendo che, dopo il rapido dietrofront del sindaco piddino dell'Aquila, Massimo Cialente che, travolto dagli scandali sugli appalti per la ricostruzione del post terremoto, prima si è dimesso e poi si è rimangiato le dimissioni, nominando come suo vice l'ex procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, i giudici hanno inquadrato nel mirino il governatore di centrodestra, Gianni Chiodi. A lui e ad altre 24 persone contestano i reati di truffa aggravata nei confronti della Regione, peculato e falso ideologico per i rimborsi relativi ad una serie di missioni istituzionali alcune delle quali non sarebbero nemmeno avvenute.

Solo che questo cambio di passo (e anche di direzione), nell'inchiesta della magistratura, qualche dubbio l'ha suscitato. Per esempio basta concentrarsi su un apparente dettaglio, rilevato dal sito zonedombra.tv e anche, in verità, dall'editorialista del Corsera, Pierluigi Battista, per porsi qualche domanda. L'inchiesta a carico di Chiodi e gli altri è coordinata dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli e abbraccia il periodo compreso tra gennaio 2009 e dicembre 2012. Ma qui arriva il dubbio. Perché, come rivela zonedombra.tv, pubblicandone anche la foto, giorni orsono, quegli stessi magistrati hanno partecipato all'evento tenutosi al Teatro Circus di Pescara per lanciare la candidatura di Luciano D'Alfonso a governatore della Regione Abruzzo in nome e per conto del Pd.

All'evento era presente anche il neo-vicesindaco dell'Aquila, Nicola Trifuoggi. Curioso, davvero curioso che, ad applaudire D'Alfonso, che qualche guaio con la giustizia, con quattro processi a carico (anche se può vantare una recente parziale assoluzione) l'ha avuto, ci fossero anche i due pm, Di Florio e Bellelli che tanto vogliono, giustamente, vederci chiaro nei conti di Chiodi e degli altri 24 accusati. Una stranezza che suscita per esempio l'indignazione di Alessio Di Carlo, membro del comitato di Radicali italiani e segretario di Radicali Abruzzo: «La nuova bufera giudiziaria che ha investito la nostra Regione, con l'invio di una informazione di garanzia a 25 tra consiglieri, assessori oltre che al presidente della Giunta, Chiodi, e del Consiglio, Pagano, è la prova di come esista un vero e proprio “Caso Abruzzo”, rappresentato non da presunti malcostumi della politica locale, quanto dal comportamento di una parte della magistratura che ormai sembra aver posto un vero e proprio diritto di veto sulle scelte esercitate - o da esercitare - da parte degli elettori abruzzesi.

Ormai - afferma Di Carlo - non basta più limitarsi ad invocare il principio di presunzione di innocenza, ricordare i tanti casi in cui le inchieste si sono risolte in un nulla di fatto oppure denunciare la tempistica con cui vengono recapitate le informazioni di garanzia: occorre mettere in relazione tutto ciò con altri elementi, quali la presenza in pompa magna degli stessi pm, che oggi sono titolari dell'inchiesta, ad una recente convention di un illustre candidato del centrosinistra alle prossime regionali, oppure con la nomina dell'ex procuratore capo di Pescara a “consulente per la legalità” del Comune di L'Aquila».

Commenti