Maroni: "Fuori ladri e ciarlatani". Poi schiera tutti con Umberto

Subito prima dell’avviso di garanzia su Facebook invoca pulizia. In serata difende il Senatùr: "Ultracerto della sua buona fede". Coro di solidarietà da Tosi a Salvini

Maroni: "Fuori ladri e ciarlatani". Poi schiera tutti con Umberto

Roma - Nuove indagini sulla Lega, nuovi sospetti dentro la Lega. Tre ore prima che le agenzie battesse­ro la notizia di Bossi indagato per truffa, il suo predestinato succes­sore (per altri, il suo liquidatore) Roberto Maroni scrive su Face­book: «Per faccendieri,ladri e ciar­latani non c’è posto nella Lega del futuro. Largo ai giovani». Una coin­cidenza temporale? Dalle parti di Bossi sono straconvinti di no, co­me già per la prima perquisizione­ shock nella sede leghista, il ritor­nello è sempre: Maroni è stato mi­nistro della polizia, non poteva non sapere.

Forse Maroni sapeva, forse no, e forse non si riferiva all’Umberto (in serata in effetti dice: «Conosco Bossi da una vita e sono ultracerto della sua totale buona fede»). La vera di Maroni è: «difendiamolo, finché è difendibile...». Perché si parla di indagini che stanno sca­vando nel periodo pre-Belsito, quando il tesoriere era Balocchi, e il capo sempre Umberto Bossi. Se uscissero bonifici e prelievi per The Family , crollerebbe la teoria della «buona fede» raggirata dal furbacchione Belsito, e insieme crollerebbe anche Bossi. Un’altra pesantissima mazzata sul partito e su Bossi, già messo male e abban­donato ( ieri, in via Bellerio, era so­lo come un cane). Certo, gli avvisi di garanzia erano nell’aria da gior­ni, largamente attesi. Ma la convin­zione dei leghisti è che sia andata in onda solo la prima parte del film, e che i prossimi avvisi riguar­deranno la moglie di Bossi, Rosi Mauro (posizioni già«al vaglio»de­gli inquirenti), altri imprenditori legati all’operazione Tanzania e qualche pezzo grosso del Carroc­cio.

Il capo del partito cresciuto a slo­gan contro lo «Stato ladrone», in­dagato per truffa a quello stesso Stato, è un contrappasso che pic­chia duro sui leghisti. La tempisti­ca della nuova ondata giudiziaria, subito prima dei ballottaggi, inso­spettisce. E non si capisce anche un’altra cosa:perché Lusi (accusa­to di aver sottratto 30 milioni al suo partito) non è indagato per truffa ai danni dello Stato e Bossi (che non è accusato di aver sottratto per sé dei soldi, ma solo di essere a conoscenza di certi movimenti) in­vece sì? Anche per queste incon­gruità, si registra persino tra i ma­roniani di ferro una difesa sincera di Bossi. Da Tosi, che avrebbe mil­le motivi per non esporsi su chi vo­leva cacciarlo («Conosco Bossi, il suo stile di vita e il suo modo di es­sere, penso che la responsabilità sia da ascriversi non a lui personal­mente ma a chi gli stava vicino e si è approfittato di lui») a Salvini («Bossi tutto ha fatto fuorché arric­chirsi, chi dice il contrario, men­te »), dal sindaco Fontana, altro maroniano storico, a Boni, Gibel­li, Cota, la triumvira Dal Lago, Cal­deroli, fino all’immaginifico Bor­ghezio («Per noi patrioti padani è un’altra medaglia al petto di Bos­si »). Più asettico Zaia: «Se saranno riconosciute responsabilità chi ha sbagliato dovrà pagare».

Il problema si porrà più dura­mente tra un mesetto, al congres­so federale d­ove Maroni si presen­terà da candidato segretario e Bos­si da candidato presidente a vita. E qui sta il punto. Finora, nella nuo­va Lega delle scope verdi, la linea è stata: chi è indagato fa un passo in­dietro, volente o nolente (cioè di­missioni spontanee o via a calci). Hanno lasciato Renzo Bossi, Boni, la Mauro, Stiffoni, l’ex assessore Monica Rizzi e Umberto Bossi ov­viamente, che si è dimesso da se­gretario. Ma potrà ottenere, da in­dagato ( poiché è scontato che a fi­ne giugno sarà ancora sotto indagi­ne), la presidenza a vita della Le­ga? Si farà un’eccezione? E se poi, una volta eletto «presidente fede­rale a vita», fosse condannato, co­sa succederebbe? Secondo molti leghisti, in base alla dottrina Maro­ni, lo schema per l’ex capo adesso è in discussione. Quantomeno, se farà il presidente, la carica verrà svuotata di ogni potere anche solo disciplinare. Una specie di padre nobile, un senatore a vita della Le­ga. Una fine indegna per il creato­re del Carroccio.

Al thriller giudiziario leghista va aggiunta una nota da commedia. Renzo Bossi ha commentato così la notizia dell’avviso di garanzia: «Finalmente potrò difendermi».

Ma ancora non è stato possibile re­capitarglielo, visto che il «Trota» è in vacanza in Marocco (come ha scoperto Linkiesta), insieme alla fi­danzata, all’amica Monica Rizzi e al suo compagno. In Africa, alme­no non in Tanzania...

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