Michele, il professore che va in classe con gonna e tacchi

Gli studenti ridono, i genitori criticano, ma la preside lo difende. Lui rivendica con orgoglio: "Sono me stesso"

Michele, il professore che va in classe con gonna e tacchi

Di «lui» tutti parlano bene. Pareri lusinghieri anche su di «lei». Inevitabile, considerato che «lui» e «lei» sono la stessa persona. «Lui» è il professor Michele Romeo, «lei» è la professoressa Michele Romeo. Già, perché l'apprezzatissimo/a docente Michele Romeo, 38 anni, a insegnare matematica e fisica al liceo scientifico Oberdan di Trieste ci va in gonna, tacchi e unghie laccate. Elegante, non c'è che dire. La sua storia è stata raccontata ieri dal quotidiano Il Piccolo: nessun taglio moraleggiante, solo cronaca. Ben sintetizzata dal seguente titolo: «Trieste: il prof in classe in gonna e tacchi a spillo»; e poi: «Sorpresa tra gli studenti del liceo Oberdan per l'arrivo del supplente: è uomo travestito da donna. La dirigente scolastica: "Mi stupiscono le reazioni di alcuni genitori per la superficialità del giudizio"». Come dire: gli alunni ridono, i genitori s'indignano, la preside difende Romeo, i colleghi di Michele non si sbilanciano.
Ma il docente dal doppio genere (maschile e femminile), cosa dice?

Ieri ai giornalisti che l'hanno cercato per avere conferme, Romeo ha confermato parola per parola quanto già dichiarato al Piccolo: «Sono abituato alle critiche, resto coerente con me stesso, da anni non nascondo di essere androgino. Sulla mia professionalità nessuno può dire nulla. Vado ovunque vestito come mi sento di vestire». E no, caro professor Romeo, noi qualcosa da dire ce l'abbiamo: lei sarà pure libero di andare «ovunque» vestito come le pare, ma la scuola è la scuola, non un «ovunque» qualsiasi. Lei in classe deve (dovrebbe) presentarsi abbigliato in modo da apparire - se non autorevole - quantomeno credibile. E invece salire in cattedra con gonna, tacchi più o meno alti, calze di nylon, collane, bracciali, anelli, orecchini, chignon e unghie laccate non è sicuramente il massimo per un educatore che deve farsi rispettare (e, perché no, ammirare) dalla propria scolaresca. Con che coraggio si chiede agli studenti di vestire tra i banchi in modo «consono», se poi un professore uomo sale in cattedra vestito da donna? Michele Romeo che - raccontano i testimoni - «non disdegna neppure un velo di rimmel, la pelle incipriata e il fard», ha un ottimo curriculum: laurea in Fisica a Lecce, stage all'estero, due anni a Monaco di Baviera come ricercatore associato, infine il trasferimento a Trieste e la collaborazione con l'Università. Tanto di cappello.

Meno lineare risulta invece il suo percorso «privato». Che Romeo illustra sul profilo Facebook: «Nato a Grottaglie nel 1976. Sono androgino, in me convivono aspetti femminili e maschili. Trovo importante che se ne parli, che il mio caso abbia sollevato delle discussioni. La gente deve conoscere, imparare. Spero serva anche a tutte quelle persone che vivono di nascosto e con sofferenza una situazione simile alla mia». La consapevolezza di un'identità vissuta tra mille dubbi e travagli: «Per molta parte della mia vita ho vissuto questa condizione in solitudine. Madre casalinga, padre carabiniere, a 10 anni ho preso coscienza del mio essere. Amavo indossare abiti e scarpe di mia madre e mi piaceva guardarmi allo specchio, non avevo tanto un problema con me stesso quanto di confronto con gli altri». Cinque anni fa ho deciso di fare outing».

Lo scorso dicembre il professor Romeo si è sposato con una donna, dopo un fidanzamento durato ben 17 anni: «Amo tantissimo mia moglie. Ha saputo accettare con grande intelligenza e affetto la mia decisione». La decisione di vedersi, sentirsi e atteggiarsi donna: «Oggi mi guardo e mi piaccio, anche nuda davanti allo specchio. Anni fa invece vivevo una condizione difficile. Ero grasso, mi sentivo come quando qualche cosa viene coperta con un pesante lenzuolo nero: non la si vede e non la si sente. Non mi guardavo nemmeno allo specchio». Poi, nel 2006, la svolta liberatoria: «Tutto “merito“ di un attacco di panico. Il mio sistema nervoso - causa la mancata emancipazione, l'impossibilità di vivermi per come ero - è saltato. Ma nel risollevarmi da quella batosta ho cominciato a prendere in pugno la mia vita. Sono dimagrito, ho iniziato a curare di più il suo aspetto, ho smesso di fumare. Ho deciso di dare meno spiegazioni agli altri e ho detto a mia moglie che o mi accettava per come ero o le nostre strade avrebbero preso direzioni diverse». «Mi piacerebbe avere un figlio ma sono sterile - racconta - abbiamo pensato all'adozione ma io ritengo importanti per un bambino la presenza di una figura materna e paterna. Sono comunque certo che sarei in grado di crescerlo meglio di molti genitori, dandogli lezioni di morale, educazione civica e scientifica».

Le perplessità sollevate dal suo caso non lo demoralizzano, anzi: «A chi mi critica direi loro che se dovessero per caso avere un figlio che manifesti una diversità, condannarlo per ciò che lui desidera essere equivarrebbe a negare che madre natura abbia voluto crearlo in quel modo. E invece non si può impedire alla natura di esprimersi liberamente. Ai genitori dico: sforzatevi di istruirvi sul funzionamento del corpo umano prima di giudicare gli aspetti esteriori. Ne rimarrete esterrefatti e capirete che non c'è nulla di più normale per un essere vivente che esprimersi per ciò che sente e si sente, nel rispetto altrui». «Prima che il professor Romeo iniziasse le supplenze - precisa al Piccolo, la preside del liceo Oberdan, Maria Cristina Rocco - ho parlato con lui perché capivo che la situazione poteva essere delicata.

Ho scoperto una persona estremamente professionale, preparata, educata che ha mantenuto un' anagrafica maschile, porta abiti da donna garantendo comunque il rispetto per il decoro». L'anno scolastico è ormai finito. Urge, per tutti, una pausa di riflessione.

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