Che sensibilità, la povertà a termine. Un contratto a tempo determinato con l'ipocrisia delle buone cause: ma nessuno si lamenta della scadenza troppo breve. Perché fa tanto figo recitarla, la povertà, ma poi sbarazzarsene e tornare ai privilegi quotidiani è molto meglio. Lo faranno in tanti, la prossima settimana: dal 29 aprile al 3 maggio in migliaia parteciperanno a «Live below the line», cioè «Vivi sotto la soglia», una iniziativa per provare che cosa significhi sopravvivere con un dollaro e mezzo al giorno, come succede a un miliardo e mezzo di persone (i poveri veri, non quelli a tempo determinatissimo). Poi, grazie alla campagna saranno raccolti fondi che l'Unicef e il World food programme delle Nazioni unite provvederanno a distribuire - si spera, o almeno così spera chi darà il suo contributo - a chi ne ha bisogno.
Ci sarà anche chi ci crede davvero, e fra questi anche qualcuno che non ha il portafoglio pieno (di soldi e carte di credito). Ma ovviamente, come tutte le campagne politicamente corrette, anche questa ha le sue celebrità che hanno appiccicato il loro volto alla causa, certo per buona volontà di denunciare una situazione che come si fa a non definire ingiusta, con migliaia, milioni di persone che stentano a trovare il cibo sufficiente ogni giorno, mentre milioni di altre ne hanno da buttare. E poi però, dopo la recita dal 29 aprile al 3 maggio, che succede? Che succederà, per esempio, nella vita di Ben Affleck, l'attore famoso per essere stato il fidanzato-copertina di Jennifer Lopez, il migliore amico di Matt Damon, l'ex di Gwyneth Paltrow e, infine, regista impegnato di Argo, con cui ha appena vinto un Oscar? È proprio lui il testimonial, è proprio lui che ha annunciato su twitter che vivrà, per cinque giorni (e non un minuto di più) con un dollaro e mezzo al giorno e che parteciperà alla campagna «per conto di EasternCongo», un gruppo che lui stesso ha contribuito a fondare qualche anno fa e che si occupa degli sfollati del Congo orientale. Troppe buone cause tutte insieme per una persona sola, verrebbe da dire. Se non fosse che il bagno nella povertà di Ben Affleck e soci (a patire la fame per finta ci saranno anche altri colleghi e colleghe di Hollywood, oltre a migliaia di persone in tutto il mondo) servirà forse a pulire la coscienza, ma si sa che poi il bagno, quello vero, arriva dopo: quando la povertà ce la si lava via, possibilmente nella vasca idromassaggio. Per riprendersi dallo sforzo dell'azione benemerita, è chiaro.
Fra tutte le buone cause di cui le celebrità si fanno un'arma per costruirsi l'immagine e sentirsi tanto, tanto migliori, il teatrino dell'indigenza mancava: ma in fondo, dopo avere trasformato in marketing i bambini del Darfur, gli orfani del Malawi, le foreste dell'Amazzonia, i malati di Aids, i terremotati, i profughi, le donne lapidate, le bambine mutilate, i bambini soldato, i bombardati, gli assetati, i rifugiati, perché non imbastire uno show della povertà stessa? Perché forse la povertà si potrebbe indignare? Figuriamoci. L'indignazione - è noto - è roba per gente con la pancia piena (o semi-vuota, al massimo, per cinque giorni), che ha l'energia e la serenità per esprimere il proprio j'accuse, magari davanti a una telecamera o su una rivista patinata. Come Gianni Vattimo, per dire, che l'altra sera in tv ha spiegato la sua condizione: «Sono un piccolo borghese, guadagno 6mila euro, più la pensione da docente universitario». Pericolosamente vicino alla famosa soglia, il professore, ma non quella del dollaro e mezzo al giorno, come pare pensare lui (pensare si fa per dire): quella della decenza.
Ora nello spettacolo della povertà per finta Ben Affleck ha il suo ruolo da protagonista, e gli spetta: perché negli ultimi anni la sua metamorfosi da bella faccia in copertina a divo impegnato è stata la più classica e orchestrata delle parabole hollywoodiane, un copione a cui mancava soltanto la ciliegina della fame patita per procura, un metodo Stanislavskij da premiare con l'Oscar, che infatti è arrivato. Poi, chissà che fatica, per la cuoca, cucinargli con un dollaro e mezzo.
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