“Missione ininfluente”: in Commissione Covid crolla il mito dei russi a Bergamo

Davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid è andato in scena un ribaltamento clamoroso della narrazione che, nei giorni più bui della pandemia, aveva dominato telegiornali e prime pagine

“Missione ininfluente”: in Commissione Covid crolla il mito dei russi a Bergamo
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Davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid è andato in scena un ribaltamento clamoroso della narrazione che, nei giorni più bui della pandemia, aveva dominato telegiornali e prime pagine. La “missione russa” a Bergamo, celebrata come un gesto eroico e di fratellanza internazionale, si rivela oggi — nelle parole di chi allora era in prima linea — una presenza di facciata, priva di reale efficacia sanitaria.

Durante l’audizione, incalzato dalla deputata di Azione Federica Onori, Fabrizio Lazzarini - direttore generale della Fondazione Carisma – Casa di ricovero Santa Maria Ausiliatrice Onlus di Bergamo – ha ricostruito con precisione quei giorni concitati, smontando pezzo per pezzo la retorica dell’intervento di Mosca.

“I russi sono stati fuori dalla struttura, non sono neanche entrati. Noi abbiamo un grande parco. E quindi hanno trascorso la loro giornata nel parco. Noi li abbiamo limitati all'attività esterna. Il contingente russo non ha mai sanificato gli interni.”

Le immagini dei militari bardati, arrivate nel marzo 2020 come simbolo dell’aiuto straniero, raccontavano tutt’altra storia. In realtà, spiega il direttore, la struttura aveva già attivato da tempo i propri protocolli di sicurezza.

“Da noi non hanno disinfettato niente. Quando sono venuti noi avevamo giá attivato i nostri protocolli di sanificazione interna. Quindi gli abbiamo dato la possibilitá di fare una sanificazione all’esterno.”

Un ruolo marginale, confinato ai soli spazi aperti e di collegamento, deciso per motivi tanto pratici quanto psicologici.

“Gli abbiamo permesso di sanificare solo i percorsi di collegamento. Nei reparti non sono mai entrati. Noi avevamo giá attivato protocolli di sanificazione. Non c’era bisogno di entrare. Io ho preso la decisione di non farli entrare anche perché erano bardati e spaventavano la gente.”

Il contingente russo, insomma, non contribuì alle attività sanitarie interne né offrì un apporto sostanziale nella gestione dell’emergenza.

“Da noi non hanno portato valore aggiunto. E quando l’hanno portato era qualcosa in piú.”

Un intervento esterno, autorizzato dalle istituzioni, ma privo di un reale coordinamento operativo.

“Per noi era un’attivitá esterna, mandata dall’ATS, per noi c’era la garanzia dell’istituzione. Non ci siamo preoccupati di capire chi erano, cosa facevano e dove andavano.”

Sul fronte mediatico, anche le voci di presunte pressioni per ottenere ringraziamenti ufficiali trovano una smentita netta.

“Mi ricordo che avevo dato un intervista di trenta secondi dove esprimevo il ringraziamento per l’aiuto che stavano dando. Mi sembrava il minimo sindacale. Nessuno mi ha fatto pressioni.”

E infine, la frase che sintetizza tutto, una chiosa che chiude il cerchio con disarmante semplicità:

“La missione dei russi l’ho ritenuta ininfluente.”

Parole che, pronunciate davanti ai commissari, risuonano come una sentenza: nessun aiuto concreto, nessuna attività sanitaria rilevante, nessun valore aggiunto. Solo un’operazione di immagine, gestita dall’esterno, che servì più alla propaganda che alle persone.

Nella Bergamo ferita del 2020, i camion militari russi avevano rappresentato un potente simbolo — la promessa visiva di un sostegno internazionale in un momento disperato. Ma oggi, alla prova dei fatti, quel simbolo appare svuotato: i russi “erano fuori”, non dentro.

Dietro la scena spettacolare della missione, c’erano gli operatori delle RSA, i medici, gli infermieri italiani che continuavano a lavorare senza tregua, tra protocolli, paura e morte. L’aiuto vero, silenzioso, non arrivava da Mosca, ma da chi dentro le strutture teneva in piedi il sistema con coraggio e disperazione.

E così,

in Commissione Covid, cade uno dei miti più mediatici della pandemia: quella che doveva essere la prova della “fratellanza russo-italiana” si rivela, nelle parole di chi c’era, una missione ininfluente e solo di facciata.

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