Fumata nera al summit tra Berlusconi e il Carroccio ma all'orizzonte si vede la luce, nel senso di una ricucitura tra Pdl e Lega. Ma Berlusconi va avanti comunque e assicura: i miei candidati dovranno siglare un patto con cui si impegnano a non fare politica per più di due legislature. A villa San Martino si cerca l'accordo per un'alleanza alle prossime politiche in cambio di una candidatura di Maroni al Pirellone ma le variabili sono ancora tante e - per ora - tutto si conclude con un nulla di fatto. Anche se qualcuno giura che l'accordo è a un passo. Il Cavaliere e Maroni si rivedranno presumibilmente venerdì, giornata che si preannuncia bollente. Giovedì dovrebbe passare la legge di stabilità e un minuto dopo Monti dovrebbe sciogliere tutte le sue riserve e dire chiaro e tondo cosa intende fare. A quel punto gli altri si muoveranno di conseguenza. Meglio aspettare il verbo del Professore, quindi, a cui Berlusconi aveva offerto il ruolo di federatore del centrodestra. Offerta che presumibilmente il premier respingerà al mittente. A quel punto Berlusconi avrà le mani libere e la possibilità di dire: «Io le ho provate tutte. Ora sono costretto a scendere in campo». Forte di un'intesa rinnovata con il vecchio alleato del Carroccio.
Ma l'accordo non è semplice e ieri non si è perfezionato. Un incontro dove l'ex ministro degli Interni ha ribadito i suoi desiderata: la candidatura alla guida della Regione Lombardia in cambio di un'alleanza alle Politiche. Pdl e Lega ancora insieme romperebbero le uova nel paniere di Bersani. Il quale, per ora favorito, rischierebbe di non avere la maggioranza in Senato qualora non vincesse in alcune Regioni del nord come Veneto, Piemonte e Lombardia. Bel colpo. Ma i nodi non sono sciolti del tutto. Maroni avrebbe sconsigliato a Berlusconi di ricandidarsi a premier pigiando su due tasti. Il primo: Berlusconi avrebbe tutti addosso; stampa, cancellerie europee, sinistra e procure. Il secondo: «Caro Silvio, se ti candidi tu non se riesco a far digerire il boccone a tutti i miei», il senso dell'obiezione di Bobo. Un compromesso potrebbe essere trovato se Berlusconi facesse il leader della coalizione - facendo lui il federatore - e si trovasse un accordo su un altro candidato premier. Alfano per esempio. Ma dall'altra parte c'è stato un sostanziale allargamento di braccia. Come a dire: problemi tuoi. In effetti, se Maroni è disposto a dire di «sì» alla candidatura di Berlusconi, non lo sono alcuni dei suoi uomini chiave. I più refrattari all'accordo sono il sindaco di Verona, Flavio Tosi e il lombardo Matteo Salvini. I quali avrebbero persino posto veti alla candidatura a premier di Alfano. Figurarsi di Berlusconi. Una grana in più per Maroni che uscendo da Arcore ha assicurato di «parlare ai miei». Ma l'intesa non sembra lontana.
Argomento neppure accennato dal Cavaliere, intervenuto ieri sera a Quinta Colonna, trasmissione di Paolo Del Debbio. Berlusconi ha tracciato a grandi linee il suo programma: tagli alla spesa per poter abbattere le tasse. In testa l'Imu: «Abbiamo pronto un progetto di legge con 4 misure con cui coprire il mancato introito».
Quindi la promessa: «Dimezzeremo i parlamentari e i nostri candidati dovranno siglare un patto: nessuno farà il parlamentare per più di due legislature e dovrà impegnarsi a dimezzarsi lo stipendio». Già, le liste: «Il 50% dei candidati sarà gente che non ha mai fatto politica; il 30% proveniente dal mondo dell'arte, della coltura e dello sport. Degli attuali, confermeremo solo i giovani e i capaci».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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