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Mondadori, beffa delle toghe: sconto sulla condanna assurda

Il procuratore generale della Cassazione chiede di confermare il maxi risarcimento di Fininvest a De Benedetti, ma ridotto del 15%. A Napoli riparte l'attacco a Berlusconi

Mondadori, beffa delle toghe: sconto sulla condanna assurda

Dal Lodo Mondadori al nodo (scorsoio) De Gregorio. L'ennesima tappa giudiziaria del Cav stavolta si snoda tra Roma e Napoli. Nella Capitale, il Pg della Cassazione Pasquale Fimiani ha suggerito alla Suprema Corte di applicare uno sconticino del 15 per cento sul risarcimento-monstre da 564,2 milioni di euro pagato dopo la sentenza d'appello da Silvio Berlusconi alla Cir di Carlo De Benedetti. Una beffa dopo il danno assurdo. Una riduzione sulla «taglia» maturata all'esito del processo penale che ha visto condannati, in via definitiva, il giudice Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora. Al centro della scena c'è sempre la «guerra di Segrate» e il presunto danno patrimoniale (con relative «perdite di chance») che l'Ingegnere avrebbe subito per la riforma del lodo arbitrale a favore del Cav. Ma perché il ribasso? Per il procuratore generale la «lieve riduzione» dell'indennizzo sarebbe motivata dalla successiva compravendita delle opzioni dell'Espresso e l'aumento equitativo del 15 per cento rispetto agli interessi complessivi. Un contentino-beffa. I legali della Fininvest hanno però ribadito l'insussistenza delle condizioni per una qualsiasi forma di risarcimento e «tantomeno per cifre astronomiche». D'altronde, ha sostenuto l'avvocato Romano Vaccarella, oltre a una «ingiustizia intrinseca nella sentenza» d'appello, l'intero procedimento sarebbe viziato dal fatto che la famiglia De Benedetti non avrebbe «mai chiesto la revocatoria della sentenza frutto di corruzione» optando, direttamente, per la richiesta di risarcimento. Il che significa «aver fatto a pezzi i codici civili». Per i legali della Fininvest, non esisterebbe nemmeno «l'aggressione che avrebbe subito Cir, in un momento in cui era intervenuta la legge Mammì» considerato che la stessa norma «consentiva a Cir di tenersi le sue testate». Gli ermellini sono ora al bivio: cassare la sentenza di condanna di secondo grado rimandando a una nuova decisione da parte della Corte d'Appello di Milano, oppure accogliere le argomentazioni del Pg e rideterminare, applicando l'abbuono del 15 per cento (circa 85 milioni di euro), il nuovo risarcimento. In attesa delle decisioni, la difesa della Cir si è precipitata a stringere la mano al Pg «per le sue originali argomentazioni».
Per il 19 luglio è invece attesa la decisione del Gup di Napoli sull'inchiesta-flop (già bocciata dal Gip a marzo, e archiviata per una ipotesi simile, cinque anni fa sempre nel capoluogo campano) in cui sono coinvolti Berlusconi e Valter Lavitola con l'accusa di corruzione a favore dell'ex senatore dipietrista Sergio De Gregorio. I primi due rischiano il rinvio a giudizio, mentre per «Sergione» i pm hanno dato l'ok alla richiesta di patteggiare 20 mesi dopo averne raccolto le confuse confessioni su una bustarella di tre milioni di euro (due dei quali in nero) allungatagli - a detta di De Gregorio - dal Cav per lasciare il centrosinistra e passare con Forza Italia. Soldi che però non si trovano e che Lavitola, presunto trait d'union con Berlusconi, dice non essere mai esistiti. Da qualche giorno, l'ex parlamentare Idv (che ha evitato miracolosamente il carcere) ha lasciato i domiciliari, cui era stato confinato per un'altra inchiesta per truffa, e subito ha scritto una letterina di scuse a Prodi promettendo di pubblicare presto un libro dal titolo Operazione libertà. E chissà che non si riferisca proprio alla sua, riconquistata a tempo di record dopo tre visite in Procura suggeritegli, dice lui, dal padre defunto in sogno che lo invitava a vuotare il sacco su Berlusconi. «Altrimenti sarei stato inseguito tutta la vita come Al Capone». Dopo aver fatto un quarantotto, ecco il morto che parla.

Simm 'e Napule paisa'.

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