«I -nu-ti-li». Cosa pensa Berlusconi delle primarie è piuttosto chiaro da tempo, anche se pare che nel lungo faccia a faccia con Alfano il Cavaliere sia più netto del solito: «Non servono a nulla, anzi con tutti questi candidati sono un teatrino». Poi affonda il colpo: «Vedi Angelino, prima avevi il consenso di tutti mentre dopo le primarie finirai per essere indebolito». Tutte argomentazioni che però non smuovono il segretario del Pdl, convinto che ormai non sia possibile tornare indietro. È questo quello che ripete più volte all'ex premier, senza sbattere i pugni sul tavolo né tantomeno minacciare le dimissioni come qualcuno vorrebbe accreditare e come smentisce lo stesso Alfano.
Così, finisce con Berlusconi che butta lì un «fate un po' come volete», una sorta di placet con contestuale presa di distanza. E una sola richiesta: farle il 16 dicembre è una follia, non ci sono i tempi tecnici, si gela e la gente ha la testa al Natale. Se proprio si deve andare avanti su questa strada, è il ragionamento del Cavaliere, allora che si tengano il 13 gennaio. La decisione finale arriverà oggi durante l'incontro tra Alfano e i coordinatori regionali e provinciali del partito, ma è quasi scontato che si slitterà.
Anche se sul punto sembrano frenare molto gli ex colonnelli di An, convinti che Berlusconi voglia rimandare al 2013 sempre nell'ottica del farle poi saltare. Questo ripetono tutta la sera ad Alfano, preoccupati che possa saltare il banco dopo la dolorosa rottura con la Meloni. E tutti i torti non devono averli se il Cavaliere torna a rilanciare l'ipotesi delle primarie con i call center oppure di trasformarle in una grande convention per lanciare la campagna elettorale.
L'ex premier, insomma, continua a non volerle fare le primarie, soprattutto resta assolutamente indisponibile a spenderci sopra dei soldi che dovrebbero servire alla campagna elettorale (solo votare a Milano dovrebbe costare intorno ai 70mila euro).
Così decide di prendere tempo, visto che il 13 gennaio è - almeno politicamente - lontano anni luce. Soprattutto se si considera che si sta ancora trattando sulla legge elettorale ed un'eventuale intesa su un sistema proporzionale svuoterebbe di ogni significato primarie che sono per la premiership. A inizio gennaio, dunque, la situazione sarà meno fluida e i margini di manovra più definiti. Si saprà se davvero se sarà Bersani a correre per il Pd e se Monti resterà davvero alla finestra. A quel punto Berlusconi potrebbe decidere, come ipotizzato ancora ieri in privato, di ritirare fuori il simbolo di Forza Italia e lasciare il Pdl al suo destino. D'altra parte, una ventina di giorni dopo il 13 di gennaio si devono presentare i simboli per correre alle politiche.
In un panorama così incerto, di sicuro c'è che il più grande spettacolo dopo il big bang è atteso per domenica alle ore 12. Quando si chiuderanno i termini per depositare le diecimila firme a sostegno dei candidati alle primarie del Pdl e inizieranno le verifiche. Delle operazioni si occuperà il Comitato organizzatore che dovrebbe fare una serie di controlli a campione. Con ogni probabilità di esclusi ce ne saranno non pochi ed è lecito supporre - visto anche il temperamento di alcuni dei pretendenti - che potrebbero non prenderla troppo bene. Il rischio, insomma, è che il tutto finisca in caciara e che i primi giorni della prossima settimana siano piuttosto caldi con scambi di accuse reciproche. Ecco perché, questo si racconta, Alfano avrebbe chiesto a Berlusconi di metterci una parola lui ed invitare alcuni dei contendenti a fare un passo indietro.
Cosa che difficilmente il Cavaliere farà, un po' perché dalle primarie vuole restare il più lontano possibile e un po' perché dopo che sono mesi che va dicendo che non sono una cosa seria non avrebbe affatto voglia di essere lui a mettere le pezze.
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