Moretti, Geloni e Di Traglia tra i «cervelli» accusati del flop alle urne

di«Lo-smac-chi-amo! Lo-smac-chi-amo!». A bordo della gioiosissima macchina da guerra che per tutta la campagna elettorale ha mostrato a Bersani la strada giusta da imboccare per non evitare con cura di vincere le elezioni ci sono tre volti che negli ultimi giorni sono stati identificati da una parte del Pd come i principali responsabili della famosa e mancata grande smacchiatura del giaguaro.
Nel Pd, i tre - che poi sono Alessandra Moretti, Chiara Geloni e Stefano Di Traglia (la prima portavoce del comitato Bersani, la seconda direttrice di Youdem, il terzo portavoce del segretario) - sono stati soprannominati non si sa con quanto affetto il «triangolo delle Bermuda», per via della loro straordinaria capacità di far affondare in un batter d'occhio e con grande abilità ogni genere di forma di comunicazione politica; e negli ultimi mesi si sono distinti, tra le altre cose, per aver realizzato, a poche ore dalla non vittoria elettorale, uno straordinario video intitolato «lo smacchiamo, lo smacchiamo», in cui una dozzina di esponenti del Pd, a cui va la nostra solidarietà, mimando la trionfale danza del popolo Maori, l'Haka, si sono fatti immortalare cantando a squarciagola «Lo-smac-chi-amo! Lo-smac-chi-amo! Lo-smac-chi-amo! Lo-smac-chi-amo! Lo-smac-chi-amo!» (il video è su YouTube, è consigliato solo per un pubblico adulto). Tra i tre, più che il povero Di Traglia, che ha coordinato la comunicazione istituzionale del Pd e la squadra di ragazzi che gestiva il profilo twitter di Bersani (in tutta la campagna elettorale, detto tra parentesi, @pbersani non risulta che abbia mai scritto un tweet di suo pugno, forse anche perché il segretario, pur sapendo accendere molto bene il computer, non ha grande dimestichezza con la tecnologia), le vere protagoniste della non campagna Pd sono state le due grandi watchdog del bersanismo: Moretti e Geloni.
La prima, che a ottobre si fece notare per via delle sue misurate parole su Massimo D'Alema («È intelligentissimo e simpatico. Quando l'ultima vota ha parlato in tv per difendersi mi sono commossa) e per via delle sue frasi su Renzi (che ieri era un orrendo «maschilista senza idee» e che oggi invece è «una grande risorsa del Pd»), l'avrete vista in questi giorni impegnata in tv a diffondere il verbo del segretario e a dimostrare perché i grillini, il cui linguaggio fino a un mese fa era definito dalla Moretti come se fosse figlio della cultura «fascista», sono, in realtà, una sorta di prolunga naturale della cultura democratica. La seconda, invece, soprannominata nel Pd «il diavolo veste pravda», è considerata una delle grandi «menti» della comunicazione del Pd e, oltre a dirigere Youdem, nella vita passa gran parte del suo tempo su Twitter a tentare di dare lezioni di giornalismo ai colleghi della stampa e della tv: anche se in realtà, negli ultimi anni, l'unica volta che Geloni è riuscita ad offrire una vera forma di comunicazione di rottura è stato quando nel 2010, mentre accompagnava Bersani alla Casa Bianca, ha offerto ai suoi followers una imprescindibile comunicazione: «Chiara Geloni è stata al pentagono e ci ha fatto anche la pipì».
Il sospetto che tra un tweet e un altro e una lacrima e un'altra il Pd abbia lievemente trascurato la sua comunicazione - e il sospetto che insomma il Pd uno come Casaleggio se lo sogna - è un dubbio che negli ultimi tempi ha sfiorato diversi esponenti del partito.

Dubbio definitivamente chiarito da uno dei tre ragazzi scelti da Bersani per coordinare la sua campagna elettorale, Tommaso Giuntella, che in una sconvolgente intervista rilasciata sabato al Fatto ha detto quanto segue: «Nessuno aveva ufficialmente il ruolo di coordinatore della comunicazione per la campagna elettorale del Pd». Si era notato, diciamo.

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