Vertice in procura. Sembra di tornare ai tempi di Mani pulite quando un meeting del pool mandava in fibrillazione i giornalisti e portava il vento di nuovi arresti. «No, no - butta acqua sul fuoco Carlo Nordio il veterano delle indagini in laguna - è solo una riunione organizzativa». Venezia non è Milano e l'indagine sul Mose non ha i ritmi di Mani pulite. Allora era una corsa contro il tempo: la fabbrica degli arresti, le code davanti all'ufficio di Antonio Di Pietro, la catena di montaggio delle confessioni, delle scarcerazioni, delle nuove manette. Qui, par di capire, prevale un'altra impostazione. Arresti contenuti, anche se non con il contagocce, e un'unica monumentale ordinanza di custodia, molti capitoli da sviluppare che però, a parte colpi di scena sempre possibili, richiederanno settimane se non mesi. Quella dei magistrati veneziani pare una partita a scacchi. Dopo il colpo di maglio delle manette la scorsa settimana, peraltro arrivate dopo una lunghissima incubazione, l'indagine entra in una nuova fase: vanno consolidati i risultati ottenuti, ci sono molti filoni da esplorare, altri andranno alla verifica del tribunale del Riesame, ma non sembra ci sia fretta. Anche perché il fronte del fuoco è lunghissimo: nel mirino della procura ci sono i politici, gli ufficiali delle Fiamme gialle, gli imprenditori, la magistratura contabile, pezzi dell'alta burocrazia. Suggestioni e indizi spingono verso il Tar e il Consiglio di Stato: nel blitz della scorsa settimana è finito in carcere un avvocato, Corrado Crialese che, secondo l'accusa, aveva i contatti giusti con pezzi della magistratura amministrativa. Difficile ipotizzare sviluppi sui questo versante in tempi rapidi: lo stile di Nordio è sempre stato improntato alla prudenza a al garantismo. Dunque, mai un'accelerazione di troppo. E poi non è la prima volta che piste all'apparenza interessanti si rivelano evanescenti.
Il pentimento di qualche pedina chiave dell'inchiesta ci può sempre stare. Ma anche che i politici si difendono con le unghie e coni i denti. Giorgio Orsoni, interrogato di nuovo lunedì, tiene duro e, a quanto pare, sostiene di non aver ricevuto 450mila dei 560mila euro contestati. Soldi che sarebbero spariti nelle tasche di un imprecisato intermediario. Siamo in una fase delicata e la procura decide di andare con i piedi di piombo: così nega l'ok all'incontro fra il sindaco dimezzato e il suo vice Sandro Simionato che di fatto in questo momento di emergenza fa la parte del primo cittadino. I due si incontreranno più avanti, quando la posizione di Orsoni sarà più chiara.
In contemporanea si apre la partita che riguarda l'ex governatore Giancarlo Galan, ora deputato. Oggi alla Giunta per le autorizzazioni della Camera comincia l'esame delle carte mandate dal gip di Venezia che vuole arrestare il parlamentare. Il relatore Mariano Rabino, di Scelta Civica, prende tempo. «Mi sto costruendo un'opinione - spiega ai microfoni di Rtl 102.5 - e credo sia utile e importante acquisire altra documentazione. In giunta farò solo una prima relazione, un riassunto del contenuto dell'ordinanza». Galan, ancora coperto dall'immunità, prova a giocare d'anticipo e chiede a sua volta di incontrare al più presto i magistrati. A Palazzo di giustizia si ripete che il meeting dovrebbe avvenire domani, ma seguirebbe un copione scritto dalle difese: quello delle dichiarazioni spontanee dell'indagato. In pratica, si prepara un monologo di Galan che in questo modo eviterebbe tutte le domande dei pm. Almeno per il momento.
Altri capitoli, pure raccontati nei dettagli dai giornali, appaiono più fragili. Si è parlato, per esempio, da una tangente da 500mila euro, destinata, per il tramite dell'ex deputato del Pdl Marco Milanese, a Giulio Tremonti. Tremonti non è indagato, anzi a suo tempo gli stessi pm avevano revocato la richiesta di arresto per Milanese che infatti è libero. Difficile ipotizzare in un contesto del genere sviluppi clamorosi sul punto nei prossimi giorni. Tremonti a breve non dovrebbe essere ascoltato. Qualcosa di simile capita anche per Gianni Letta. Letta viene chiamato in causa in un paio di vicende gestite dalla cricca di Giovanni Mazzacurati, il burattinaio delle tangenti.
Ma è lo stesso gip a frenare e ad escludere «aspetti penalmente rilevanti» nei suoi comportamenti. Insomma, al di là del polverone sui nomi eccellenti e dei titoloni dei giornali, il grande salto verso Roma può attendere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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