LE MOSSE DEL CAVALIERE

RomaVale meno di un placebo. Perché anche se i numeri della mozione di sfiducia a Bondi premiano la maggioranza, Berlusconi ha ormai capito che si tratta solo dell’ennesima puntata di uno scontro che non è solo politico ma soprattutto mediatico-giudiziario. E che è destinato ad andare avanti ancora per molto. D’altra parte, per il Cavaliere l’arrivo alla Camera dei nuovi atti sull’inchiesta Ruby non è altro che la certificazione di quell’asse tra Fini e magistrati di cui il premier parla da tempo. Un «asse eversivo», ha detto ieri in privato mentre nel Pdl si punta il dito contro «la procura-on demand». Perché che l’integrazione arrivi a Montecitorio nel giorno della (annunciata) vittoria di Bondi e alla vigilia dell’intervento di Frattini al Senato sull’affaire Montecarlo non lo considerano un caso neanche le scolaresche in visita alla Camera. È un tassello, ragiona il premier, di una chiara strategia che punta «ad affossarci» proprio nel momento in cui il vento avrebbe dovuto girare e l’attenzione spostarsi sul voto di sfiducia e sul riesplodere del caso Fini.
Invece niente. La giornata passa in attesa che il contenuto delle nuove intercettazioni depositate alla giunta per le autorizzazioni faccia quello che è ormai è il suo corso normale. Finisca cioè su agenzie di stampa e giornali. E così è, con quello che Berlusconi non esita a definire uno «stillicidio scandaloso». Un Cavaliere reattivo sulle prime, tanto da non perdere il gusto della battuta se la delegazione di ex Dc e Psi ricevuta nella sala del governo di Montecitorio viene accolta con uno scherzoso «volete le segretarie per fare il bunga bunga» mentre alla Moratti qualche ora prima era stato riservato uno «scusate il ritardo ma ero a pranzo con 24 ragazze». Il premier, però, è decisamente di cattivo umore quando inizia a leggere una dopo l’altra le ultime intercettazioni. «Hanno il solo obiettivo di sputtanarmi», ripete ai suoi amareggiato e senza nascondere un pizzico di fastidio per il fatto che le conversazioni siano recentissime e successive all’esplosione del caso Ruby. Insomma, non c’è stato un minimo di cautela.
La linea, però, resta quella di rispondere colpo su colpo. Con la consapevolezza che «il fango delle intercettazioni continuerà ad ondate». Ma se pensano di «farmi fuori con questa barbarie» allora si illudono. La controffensiva parte dunque in grande stile. Proprio da Fini. Oggi toccherà al ministro degli Esteri Frattini spiegare in Senato cosa c’è nelle nuove carte arrivate da Saint Lucia, mentre nei prossimi giorni il Pdl potrebbe presentare alla Giunta per il regolamento un corposo dossier per dimostrare che la terza carica dello Stato non è super partes nella conduzione dei lavori. Ma ieri è toccato anche a Casini finire nel mirino, segno che il rapporto con il leader Udc è ormai irrimediabilmente compromesso. Altrimenti non si spiega perché uno sempre accorto come Testoni lo abbia accusato di «inchinarsi ai magistrati». D’altra parte, è proprio questa l’idea che s’è fatto Berlusconi: ormai va a braccetto con Fini, anche lui ha deciso di giocare di sponda con le procure. Frizioni, soprattutto quelle tra Palazzo Chigi e presidenza della Camera, che preoccupano non poco il Quirinale. Tanto che ieri, durante una telefonata tra Napolitano e Letta, il Colle avrebbe invitato alla cautela. Scontato però che in privato il premier faccia spallucce. Perché, è il ragionamento, non sono certo io che ho dato il via allo «scontro finale».
Per il premier, dunque, una giornata difficile.

Con la sola buona notizia del voto su Bondi e con un calcolo che in prospettiva fa ben sperare sull’allargamento della maggioranza. Secondo i conti di Berlusconi, infatti, di qui a pochi giorni ci saranno ben «19 posti liberi nel governo». Che, si sa, quando le maggioranze sono risicate fanno sempre molto comodo.

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