Scandalo Mps

"Mussari mentì all'assemblea sui controlli per Antonveneta"

L'indagine svela bugie ai soci e anomalie sulla "due diligence" fantasma. L'azionista, ora superteste: "Denunciai, mi diedero del corvo. Un politico Pd mi minacciò"

Giuseppe Mussari arriva con l'autista nella sua residenza di campagna
Giuseppe Mussari arriva con l'autista nella sua residenza di campagna

La cosa più importante da fare prima di acquistare Banca Antonveneta, in Mps non l'hanno fatta. O meglio, in assemblea e agli azionisti hanno fatto intendere d'averla fatta. Alla Consob, invece, non potevano non dirglielo che non l'avevano fatta ma gliel'hanno detto tra le righe, cincischiando con le parole, buttandola lì, in fondo a una paginetta del «documento informativo» del 16 giugno 2008. I vertici del Montepaschi, infatti, alla commissione nazionale di controllo per le Società e la Borsa l'avevano dovuto ammettere che chi avrebbe dovuto fare, in realtà aveva fatto altro: «BPMS (Banca Monte dei Paschi di Siena, ndr) non ha effettuato una formale due diligence finalizzata all'aggiustamento del prezzo di acquisizione. Tuttavia all'Emittente è stato consentito, dopo la sottoscrizione dell'accordo, di effettuare una verifica conoscitiva (due diligence) sulle principali tematiche contabili, fiscali e legali del Gruppo Antonveneta». L'hanno fatta a posteriori, la due diligence, come ammetterà il presidente dei revisori dei conti di Mps ormai fuori dalla banca. Stando a quel che rivelano gli investigatori, non sarebbero state nemmeno stabilite le cosiddette «clausole di salvaguardia» che avrebbero consentito di rimettere in discussione le parti dell'accordo nel caso in cui – come è stato - fossero emerse anomalie.
Quanto scoperto dalla Gdf è un rompicapo bancario che ha del tragicomico perché ruota tutto intorno a questa benedetta due diligence, ovvero a quell'analitica attività di controllo preventiva finalizzata anche a una valutazione concreta dei rischi, che solitamente l'acquirente svolge ben prima di imbarcarsi in una qualsivoglia operazione dal consistente esborso di denaro. Montepaschi per comprare un istituto di credito che i revisori dei conti valutarono intorno ai 2,3 miliardi e che nel 2007 Mps acquista per 10,3 da Santander (che solo due mesi prima l'aveva pagata 6,6 miliardi) avrebbe fatto poco o nulla. O meglio avrebbe incaricato la società di revisione Kpmg (secondo alcuni azionisti, in conflitto di interessi con Mps perché già lavorava con la banca) di svolgere un qualcosa di simile a una due diligence vera e propria.
La Gdf, a un certo punto, ha incrociato tutti i dati a disposizione (i verbali di assemblea, le rimostranze degli azionisti Sestigiani, Mariani e Semplici, le comunicazioni alla Consob, le relazioni della società di revisione, le dichiarazioni di Mussari e del presidente del collegio dei revisori Di Tanno) e ha tirato la riga convincendosi che più di qualcosa non tornava. Ma la svolta, per i baschi verdi, arriva con l'approfondimento delle dichiarazioni fatte in assemblea di Norberto Sestigiani, vecchio funzionario Mps. Raggiunto dal Giornale, Sestigiani ci consegna retroscena sconvolgenti: «Quando ho fatto i miei interventi in assemblea mi sono trovato contro un muro. Mussari rispondeva senza spiegare, così gli scrissi riservatamente per chiedere conto dei dubbi su Antonveneta. Lui mi tranquillizzava, “Sestigiani, è tutto a posto”. Ma io tranquillo non ero affatto». Con Sestigiani – fa presente un investigatore – a quei tempi battagliavano solo altri due o tre dipendenti in tutta Siena. «Ci trattavano da appestati, ma non ci fermavano davanti a niente – continua Sestigiani – tant'è che Mussari, un giorno in assemblea, sbottò: “Qui dentro ci sono dei corvi”. Poi arrivarono minacce, consigli a lasciar perdere, a occuparsi d'altro. Un politico del Pd addirittura mi disse: “Te e quell'altro, (intendendo l'azionista Semplici), state molto attenti a quello che dite sul Monte, capito?”. Restai senza parole, poi ribattei durissimo: “Pensa alla politica, tu non hai titolo a parlare del Monte”. Sorrido quando sento certa gente dire che la politica e la banca a Siena non vanno a braccetto». Sestigiani non si ferma: «Una volta la minaccia arrivò per lettera, tra le righe. Era il presidente del collegio sindacale: “Stia attento a quello che dice, lei se ne assuma la responsabilità”». Su Antonveneta i nervi erano tesi quando Sestigiani prese a domandare della due diligence fantasma: «Dissi a Mussari e Di Tanno: scusate, avete fatto fare una due diligence preventivata da un qualificato soggetto terzo?” Di Tanno impapocchiò qualcosa, fece presente che aveva mandato quattro o cinque funzionari del Monte a fare le verifiche del caso. Sbottai: e che sono soggetti terzi? Insomma c'è o non c'è la due diligence? Al che lui se ne uscì con un “non ricordo”. Con Romolo e la Maria ci guardammo negli occhi e capimmo che la cosa puzzava. Da lì in poi, a forza di insistere, la verità piano piano è uscita: una banca che valeva 2 miliardi alla fine fu pagata 17». E ancora. «Nel documento inviato alla Consob c'era la prova che non avevano detto il vero in assemblea. Ma noi lo sapevamo già che sulla due diligence qualcosa non andava.

Mai avrei potuto immaginare quel che sta uscendo oggi».

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