Sarà una lotta contro il tempo. «Visto che bravi in Vaticano? - si sfoga Giorgio Napolitano con il vicepresidente americano - Sono stati più veloci dei politici italiani, hanno fatto il Papa in soli due giorni». «Beh, anche i nostri sono lenti», prova a consolarlo Joe Biden. E sarà pure una lotta contro Bersani. Il segretario del Pd sta già compilando la lista dei ministri, ma il capo dello Stato è deciso a far valere le sue prerogative, quelle assegnate dall'articolo 92 della Costituzione, quelle che stabiliscono che la nomina del premier è uno dei suoi poteri. Niente maggioranza, niente governo: se Pier Luigi Bersani, numeri alla mano, non dimostrerà di avere l'autosufficienza parlamentare al Senato, può scordarsi Palazzo Chigi.
Domani, al gran ballo del Quirinale, qualcuno avrà molte richieste, qualcun'altro farà tappezzeria. Saranno consultazioni-lampo: non c'è intesa e non c'è nemmeno molto tempo per lavorarci su, visto che il 15 aprile le Camere si riuniranno per eleggere il nuovo capo dello Stato. Così si è deciso di accelerare il calendario. Due giorni di colloqui poi, forse già venerdì, l'incarico a Bersani. Lui lo vorrebbe pieno, per poter gestire l'eventuale campagna elettorale. Napolitano, probabilmente, glielo darà esplorativo.
Il segretario democratico farà a sua volta delle sue consultazioni per poi tornare sul Colle a riferire. E qui potrebbe andare in scena il braccio di ferro decisivo. Se Bersani pensa di appoggiarsi a qualche defezione grillina e a un eventuale soccorso verde della Lega, dovrà sudare per convincere il presidente, che è contrario ad affidargli le chiavi del Paese così, al buio. Vuole le cifre, non basta un piano vago, non si può rischiare, nel pieno della crisi economica, il trauma di un voto di sfiducia. E soprattutto vuole fare in fretta: Pier Luigi non ci provi nemmeno a fare melina, entro Pasqua la questione va risolta.
Se Bersani sarà costretto all'abbandono, il capo dello Stato proverà a mettere in piedi un governo istituzionale, o di emergenza. Il problema non sarà come definirlo ma a chi affidarlo. Si fa il nome di Piero Grasso, neo presidente del Senato, seconda carica della Repubblica e in buoni rapporti con Napolitano. C'è però da vedere se l'ex procuratore antimafia ce la farà a aumentare la base di consenso. Chissà, magari un fallimento del segretario potrebbe scoperchiare il pentolone del Pd e liberare quanti al Nazareno preferiscono le larghe intese, suonare come la campanella della ricreazione.
I margini restano molto stretti. Il Pdl sembra aver già rinunciato alla «condivisione delle responsabilità» e si prepara alla seconda battaglia, quella per il Colle, Napolitano resta invece dell'idea che in questo momento non si possa escludere dal tavolo il Cavaliere, che rappresenta un terzo degli italiani, e medierà fino all'ultimo. Se l'accordo sarà impossibile, resterà in carica Mario Monti anche senza una nuova fiducia. È accaduto in Grecia, è successo pure in Belgio, dove lo stallo è durato due anni.
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