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Napolitano perde la testa: "Assurdo evocare il golpe"

Durissima la nota del Quirinale in risposta alle dimissioni di massa del Pdl: "Annuncio inquietante". Il Colle non vuole farsi mettere con le spalle al muro

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Telefona Schifani, per sapere che aria tira. Si va vivo Quagliariello, per spiegare che «le dimissioni si danno e non si annunciano». Ci prova pure Antonio Gentile, segretario del gruppo al Senato: «Spero che l'equivoco dialettico si ricomponga». Ma non c'è niente da fare, Giorgio Napolitano è infuriato. Se è «assurdo e fuori luogo, dice, parlare di colpo di Stato della magistratura, è addirittura «inquietante» un Aventino che «rischia di compromettere la funzionalità delle Camere». Se poi si tratta di pressioni sul Quirinale per arrivare a «uno scioglimento ravvicinato», allora il Pdl ha sbagliato i conti, tanto più che né il Colle né Palazzo Chigi possono «interferire in decisioni dell'indipendenti autorità giudiziaria».
Una rabbia fredda, non uno sfogo. Semmai è il tentativo di mettere il Cavaliere spalle al muro: dentro o fuori, basta con la doccia scozzese. Certo, le dimissioni di massa sono ancora lì sospese, congelate, consegnate ai capigruppo del Pdl ma non ancora formalizzate. La frattura non è del tutto consumata ma è abbastanza avviata perché il presidente rompa gli indugi e faccia le sue contromosse. In mattinata manda una lettera alla Fondazione De Gasperi, dove Alfano lo aspetta per un convegno, e avverte che non può andare perché «ieri sera è avvenuto un fatto politico improvviso e istituzionalmente inquietante, a cui dedicare la mia attenzione». Poi verso l'ora di pranzo scrive una nota ufficiale, durissima. Per stanare quello lui ritiene il bluff di Silvio Berlusconi.

«L'orientamento dell'assemblea dei gruppi del Pdl», si legge, non ha ancora partorito «un documento conclusivo reso pubblico» e consegnato ai presidenti delle Camere. «Ma non posso egualmente che definire inquietante l'annuncio di dimissioni di massa dal Parlamento», il cui «intento o effetto» sarebbe quello di «colpire alla radice» la funzionalità delle Camere. E «non meno inquietante sarebbe il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un'estrema pressione sul capo dello Stato per uno scioglimento ravvicinato». Non se parla nemmeno, ci sono i conti pubblici da controllare, la legge di stabilità da votare, il Porcellum da cambiare.
Quanto poi alle parole del Cav, per Napolitano è «grave e assurdo evocare un colpo di Stato o un'operazione eversiva in atto contro il leader del Pdl». Anzi, «l'applicazione di una sentenza di condanna definitiva, inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico, è un dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa». Cosi come lo è «la non interferenza del capo dello Stato e del primo ministro» sulla magistratura «indipendente».
Insomma, non chiedetemi cose che non posso fare, insiste Re Giorgio che comunque lascia uno spiraglio. «C'è ancora tempo. e mi auguro che se ne faccia buon uso, per trovare il modo di esprimere la vicinanza politica al leader del Pdl senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni parlamentari». Serve però un chiarimento, forse anche un voto alle Camere entro il quattro ottobre, prima di stabilire se larghe intese sono finite o possono proseguire. Le «modalità» di questo passaggio Napolitano le discuterà stamattina con Letta.

Nelle prossime ore si capirà pure se la «strana alleanza» si ricompatterà. Per il momento non sembra che il Pdl sia disposto a fare passi indietro. «La definizione di colpo di Stato e di operazione eversiva non è inquietante ma assolutamente realistica», scrivono in una nota congiunta Schifani e Brunetta. E Daniela Santanchè: «Il comunicato, per i toni arroganti e i contenuti, è una indebita interferenza del Quirinale nelle libere scelte di un partito e di singoli parlamentari.

Non accetto lezioni di democrazia da un presidente, che ancora una volta si sta dimostrando di parte».

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