Faccia lunga, occhi pesti, voce roca. No, non ha certo un bell'aspetto Pier Luigi Bersani quando in serata, dopo aver battuto per più di un'ora i pugni sul prezioso tavolo settecentesco del capo dello Stato, spunta alla Loggia della Vetrata tra i due corazzieri sull'attenti. Voleva una sponda sul Colle, ha trovato un muro. Voleva esplorare ancora, ma è stato messo sotto tutela. Voleva altro tempo, ha strappato solo un giorno e la possibilità di dire che ancora «non rinuncia». Intanto gli hanno tolto il giocattolo: adesso sarà il presidente «a condurre personalmente gli accertamenti opportuni sugli sviluppi del quadro politico».
Dunque, ora ci pensa Napolitano. Bersani formalmente è ancora in campo, appeso al filo lessicale di consultazioni «non risolutive» e di contatti da approfondire. Ma la resa è vicina, il centro della scena se l'è preso il capo dello Stato, che oggi farà un rapidissimo giro d'orizzonte con i principali partiti per l'ultima verifica, prima di staccare la spina al «pre-incaricato che non rinuncia». Però il tempo è scaduto, lo spread schizza in alto, il Paese rischia il collasso e Napolitano vuole chiudere la partita entro Pasqua. Al segretario l'ha detto con chiarezza: «O ce la fai o non ce la fai. Qui serve subito un governo, non si può pensare di tirare le cose ancora per le lunghe».
Nel frattempo stallo, l'aereo di Bersani non cade e non decolla. Una situazione complessa, per molti versi senza precedenti, bloccata dal leader democratico che non vuole arrendersi e che minaccia di mettersi di traverso al prossimo tentativo di Re Giorgio. Il colloquio è «franco», cioè si discute animatamente, si sbuffa, si litiga. Alla fine Bersani strappa qualche briciola. Ci pensa Donato Marra, segretario generale del Quirinale, a leggere il comunicato finale. «L'onorevole Bersani ha riferito delle consultazioni svolte a seguito dell'incarico conferitogli, il cui esito non è stato risolutivo. Il presidente della Repubblica si è riservato di prendere senza indugio iniziative che consentano di accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale».
Bersani deve fare buon viso, anche se a guardarlo non sembra proprio l'immagine della felicità. Mantiene il mandato, i galloni da incaricato, ma non ha le truppe, non può più intrattenersi nella sala del Cavaliere di Montecitorio con ambientalisti, boy-scout e agricoltori, ne dare altri spettacolini in diretta streaming con il noto duo Lombardi-Crimi. «Ho riferito al presidente - racconta - l'esito del lavoro fatto con le consultazioni. Ho spiegato le ragioni, ho illustrato anche gli elementi positivi e ho descritto le difficoltà derivate da preclusioni o da condizioni da me non ritenute accettabili». E adesso? «Adesso il presidente svolgerà immediatamente e direttamente i suoi opportuni accertamenti».
Toccherà perciò a Napolitano «verificare» se i Cinque Stelle confermeranno «le preclusioni» sul segretario del Pd e se il Pdl manterrà quelle che «il pre-incaricato che non rinuncia» considera «condizioni inaccettabili». Voleva farlo lui questo accertamento, ha insistito fino all'ultimo, poi si è dovuto rassegnare. Sarà il capo dello Stato a compiere il supplemento d'indagine necessario per chiudere la pratica. E siccome le speranze che Bersani possa davvero spiccare il volo sono sempre pochine, di sicuro il presidente si porterà avanti con il lavoro e approfitterà delle consultazioni-flash per sondare i partiti su un'ipotesi alternativa, cioè il governo del presidente.
Il toto-nomi impazza.
Si va da Ignazio Visco o Fabrizio Saccomanni, se la priorità è quella dei conti pubblici, a Fabrizio Barca, se si cerca una figura tecnico-politica, a un qualsiasi emerito della Consulta, fino a Matteo Renzi. Ma la domanda sul Colle è: il Pd esploderà o farà quadrato attorno al segretario?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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