Nei guai il giudice anti Cav: il Csm processa Esposito

Nei guai il giudice anti Cav: il Csm processa Esposito

RomaL'uomo che ha emesso la condanna in Cassazione di Silvio Berlusconi finisce sotto processo disciplinare. Tutta colpa di quell'intervista che il presidente Antonio Esposito rilasciò a Il Mattino, subito dopo il verdetto sui diritti tv Mediaset e ben prima del deposito delle motivazioni.
Era un agosto di fuoco per la politica, prima che per la giustizia, quello dell'estate scorsa. E lui, il magistrato che presiedeva il collegio feriale e il primo del mese lesse nell'aula magna del Palazzaccio, sotto i riflettori del mondo, la sentenza di condanna del Cavaliere per frode fiscale, parlò troppo.
Ora il procuratore generale Gianfranco Ciani chiude l'istruttoria avviata a novembre, ma preceduta già a metà agosto dagli accertamenti prelimiminari e lo rinvia a giudizio, davanti al tribunale disciplinare del Csm. Giornata nera in famiglia, perché la notizia arriva contemporaneamente a quella sul figlio pm Ferdinando, indagato dai colleghi di Brescia e anche lui sotto pre-istruttoria disciplinare del pg.
Antonio Esposito è stato convocato dal primo pm d'Italia all'inizio di febbraio, ma la sua difesa non ha convinto. Contro di lui pesa non solo il testo dell'intervista del 6 agosto, intitolata «Berlusconi condannato perché sapeva, non perché non poteva non sapere», ma ancor più la registrazione integrale del colloquio con il giornalista napoletano, che ha miseramente demolito la sua debole smentita imperniata su una presunta «manipolazione» delle sue parole.
Per Ciani, ci sono tutti gli elementi per una punizione esemplare. La procura generale della Cassazione sosterrà le sue accuse contro Esposito, che avrebbe violato il segreto della camera di consiglio, rivelando il ragionamento in base al quale il collegio degli ermellini si è convinto della colpevolezza del leader di Forza Italia e dunque un obbligo di riservatezza che non è forma ma sostanza.
Nell'«atto di incolpazione» inviato dal pg al giudice a novembre, si parlava di tre violazioni disciplinari. Primo: aver appunto trasgredito il dovere di riservatezza. Secondo: aver rilasciato interviste su soggetti «coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti». Terzo: aver violato la disposizione che indica un funzionario ad hoc per i rapporti con la stampa.
Sarà la sezione disciplinare dell'organo di autogoverno delle toghe a giudicare se Esposito è colpevole e in questo caso quale sanzione vada applicata. Ma tira una brutta aria per il magistrato, perché anche il rilievo politico-mediatico del processo a Berlusconi avrà inevitabilmente il suo peso.
Tutto avverrà in un vero e proprio processo, nell'aula circolare dove si tiene il plenum del Csm, con il pg per l'accusa da una parte e la difesa di Esposito, che potrà essere presa da un avvocato o da un collega magistrato, dall'altra. Esposito conosce bene l'iter, perché in passato è passato indenne per ben due processi disciplinari.
Il suo caso, sul quale ad agosto avviò accertamenti anche l'altro titolare per l'azione disciplinare e cioè l'allora Guardasigilli Annamaria Cancellieri, è già stato esaminato dal Csm, ma in prima commissione. Il 13 novembre fu archiviata la pratica di trasferimento d'ufficio, per incompatibilità dovuta a un comportamento «incolpevole». Non era affatto un'assoluzione: al contrario, il Csm sottolineava i «profili di natura disciplinare» e deontologica da valutare nelle sedi competenti. Dunque, la possibile colpevolezza era intrinseca nella scelta del giudice di farsi intervistare.

E i laici del Pdl in quell'occasione sottolinearono che a questo punto c'era da aspettarsi l'intervento del procura generale della Cassazione. Infatti, pochi giorni dopo, Ciani chiuse la preistruttoria e avviò formalmente l'azione disciplinare. Che ora porta al processo.

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