
Oggi Matteo Renzi sarà a Milano, in visita ai cantieri dell’Expo. Nel tentativo di disperdere i fumi velenosi che si stanno addensando sulla campagna elettorale grazie alle inchieste della magistratura, che rischiano di dare fiato alle trombe dell’antipolitica. Non a caso, puntuale come un avvoltoio nella savana, Beppe Grillo ha annunciato che anche lui sarò domani a Milano, per chiedere che Expo «venga fermata subito». E dal suo blog cerca di tirare dentro lo scandalo anche il Pd renziano, per indebolire l’unico avversario temibile per i Cinque Stelle. Il premier invece rilancia l’impegno del governo sull’evento internazionale, e punta sull’ottimismo della volontà: «L’Expo è una grandissima occasione per l’Italia - assicura -In molti mi dicono “chi te lo fa fare”, i sondaggisti sostengono che non mi conviene entrare in quella dinamica e mischiare la mia immagine pulita con quei problemi.Ma l’Expo è una grandissima opportunità e preferisco perdere qualche punto nei sondaggi che un’occasione che vuol dire investimenti e posti di lavoro. Abbiamo il diritto di provarci ». Ribadisce la propria «assoluta fiducia» nel commissario di Expo Giuseppe Sala, e a Grillo replica che «non vanno fermati i lavori, ma i delinquenti ». Domani, dopo la visita alla sede di Expo, il premier incontrerà gli imprenditori milanesi alla Camera di Commercio. Nel Pd comunque c’è forte preoccupazione per i contraccolpi dello scandalo sulle elezioni e sullo stesso governo, con il ministro Ncd delle Infrastrutture, Maurizio Lupi (che i renziani non avrebbero voluto confermare al dicastero, ma che Alfano impose) costretto a difendersi dai sospetti sui suoi rapporti con gli arrestati. Intanto il Pd torinese sospende Primo Greganti dal circolo cui era iscritto, ma dove i dirigenti assicurano di non averlo mai visto. In attesa delle elezioni europee di domenica prossima la riforma del Senato e quella elettorale sono in stand by a Palazzo Madama per «depurare il confronto sulle riforme costituzionali dal momento elettorale, che porta ad esasperare i toni», come dice il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. Il decreto Poletti sul lavoro passerà invece oggi definitivamente alla Camera con il voto di fiducia, chiesto ieri pomeriggio dal ministro Maria Elena Boschi davanti alla valanga di emendamenti presentati dalle opposizioni, Sel in prima linea. Fino al risultato elettorale nel Pd vige la tregua, rotta solo dal loquace Pippo Civati, che si lamenta per l’eccessivo protagonismo di Renzi: «Si punta tutto sul leader, ma se vogliamo che il Pd sia un partito bisogna far giocare anche gli altri», cioè lui. Il premier liquida la lamentela civatiana: «Non vedo una campagna elettorale personale, siamo tutti impegnati». I sondaggi ora sono top secret per legge, ma le analisi europee dicono che tutti i partiti di governo della Unione europea tendono a perdere, tranne il Pd di Matteo Renzi.
E a dare manforte al presidente del Consiglio è l’ex arcinemico Massimo D’Alema: «Se ci fosse un minimo di obiettività da parte dell’informazione- afferma - bisognerebbe dire che la vera novità di queste elezioni è il successo del Pd, dovuto anche in misura notevole alla popolarità del presidente del Consiglio, non Grillo, lui c’era già. Io spero che l’esito del voto rafforzi il governo anche perché, siccome l’Italia avrà la presidenza dell’Unione Europea in un semestre decisivo, avere un governo rafforzato sarà fondamentale per il nostro Paese».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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