Nessuno decide: famiglie senza soldi

Se l'Italia fosse il Belgio, potremmo permetterci di non avere un governo per 535 giorni. Ma quel modello, che ha consentito a Bruxelles di raddrizzare tutti i principali indicatori economici dopo le elezioni del giugno 2010, non è purtroppo esportabile. Sono bastati poco meno di due mesi di impasse politica, con la conseguente impossibilità di decidere alcunché, per peggiorare una situazione già precaria: sempre più aziende chiudono, i negozi tirano giù le saracinesche, e con il crescere della gente a spasso aumenta il disagio economico e sociale. L'ultimo rapporto Istat sembra un viaggio al termine della speranza. Racconta di quasi un milione di famiglie in cui, ogni mese, non entra un solo centesimo sotto forma di reddito da lavoro. Nulla. Zero. Perché tutti sono disoccupati: padre, madre e, se ci sono, anche i figli. È una sorta di «zona Caritas», visto che il budget familiare inesistente spinge, inevitabilmente, verso forme di sussistenza gratuite in assenza della rete solidaristica di parenti e amici.
Un'Italia da dopoguerra in cui l'anno scorso è cresciuto del 9% il numero dei nuclei familiari che hanno chiesto aiuto per mangiare, spietata cartina di tornasole dei disastri provocati da una crisi mal curata (anzi, aggravata) dalla medicina dell'austerity. Altri 3,7 milioni di persone (il calcolo è della Coldiretti) costrette a elemosinare un pacco alimentare o un pasto gratis nelle mense. Nuovi poveri, altri soldati di un esercito che va infoltendosi anno dopo anno: erano 2,7 milioni nel 2010, 3,3 milioni l'anno dopo fino agli attuali 3,7 milioni. Una progressione impressionante che riguarda anche le famiglie senza reddito, il 32,3% in più rispetto al 2011. Tutte accomunate dallo stesso problema, pur appartenendo a categorie diverse. Qui, in quest'area della disperazione dove il carrello della spesa non si riempie mai, la crisi ha agito come la famosa «livella» di Totò, senza guardare in faccia a nessuno. Ci trovi i single (sono 234mila), le famiglie monogenitore (183 mila), le 74mila coppie senza figli e le 419mila coppie con prole a cui vanno aggiunti altri 45mila italiani che l'Istat definisce di «altre tipologie». In totale, fanno 955mila. Certo, in questa cifra può anche essere compreso qualche fortunato che vive di rendita (i rentier di Marx) grazie a patrimoni immobiliari o da capitale. Ma la realtà è un'altra, ed è quella delle case senza alcun reddito, o dove le entrate non arrivano dal lavoro dipendente o autonomo, ma magari da una pensione. Tipo una famiglia dove il padre è pensionato, la madre casalinga con uno o più figli disoccupati. Altre situazioni sono più estreme: uno o entrambi i genitori alla ricerca di un impiego, con i figli ancora in età scolare; o, peggio, tutti i componenti sono senza un posto.

Anche in questo caso, la crisi ha agito come un'idrovora capace di risucchiare tutti: nel 2007, prima dell'esplodere del virus subprime, erano solo 466mila le famiglie in difficoltà estrema. In cinque anni, la loro cifra è più che raddoppiata (+104,9%). Ha ragione Giorgio Squinzi, leader degli industriali: bisogna fare qualcosa subito. Anzi, subitissimo.

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