
"È scioccante la decisione assunta in una scuola di Monfalcone di prevedere una stanza per il riconoscimento delle ragazze che vanno a scuola con il velo integrale. Così come è scioccante dispensare le giovani dall'attività ludico sportiva perché correre svelerebbe le forme". La deputata Sara Kelany, responsabile Immigrazione di Fratelli d'Italia, commenta così la scelta dell'istituto superiore Sandro Pertini della cittadina in provincia di Gorizia di identificare in questo modo le studentesse islamiche che vanno a lezione indossando il niqab.
"Queste derive vanno assolutamente stigmatizzate e occorre impedire che entri nelle nostre scuole un concetto che ha il sapore della segregazione e della sottomissione delle donne", spiega Kelany secondo cui questi sono "retaggi che appartengono ai precetti oscurantisti dell'Islam integralista" a cui l'Italia e l'Occidente non devono piegarsi a queste pratiche che non favoriscono l'integrazione, ma anzi è necessario rafforzare "il convincimento che sia giusto sottomettere le donne". Kelany, poi, si rivolge alle "associazioni femministe che sono sempre pronte a gridare al patriarcato a fasi alterne" che non fanno sentire la loro voce, convinta che verrà delusa anche questa volta "perché l'ipocrisia del multiforme universo della sinistra sceglie sempre in questi casi un silenzio selettivo per non essere tacciata di 'islamofobia'". E aggiunge: "La cosa più grave di questo orribile silenzio sta nel fatto che in primo luogo non aiuta le giovani che vogliono emanciparsi a comprendere quali sono in Italia i loro diritti".
Anche Suor Anna Monia Alfieri, Cavaliere al Merito della Repubblica ed esperta di politiche scolastiche, interpellata dall'Adnkronos si dice perplessa per quanto sta accadendo a Monfalcone: "Come al solito, ho massimo rispetto del lavoro dei docenti da una parte, delle opinioni personali dall'altra. Eppure, non posso non esprimere, innanzitutto, la mia contrarietà sul fatto che delle persone indossano un velo che copre interamente il volto (per la cosa in sé e per le motivazioni che stanno dietro) e posso dire questo con la libertà di una persona che sulla testa porta un velo, per altre ragioni, ma sempre di velo si tratta". La suora, infine, da un lato è convinta che i docenti abbiano agito"mossi dalla sensibilità e dal desiderio di trovare una soluzione per consentire a delle giovani l'accesso all'istruzione, tuttavia non sempre il compromesso è la via preferibile" e dall'altro invita chi arriva nel nostro Paese a rispettare le leggi e, pertanto, a rendere visibile il proprio volto.
Chi, invece, mostra entusiasmo per l'iniziativa è Yassine Lafram, presidente dell'Unione delle Comunità islamiche, che all'Adnkronos spiega come "la scuola, quando si impegna, può essere un ambiente inclusivo e attento a garantire il diritto all'istruzione senza discriminazioni". Secondo lui si tratta di "un segnale di apertura e rispetto delle differenze" e "dipingere queste ragazze come un 'caso problematico' è una narrazione fuorviante e pericolosa". Lafram ribadisce: "Come Ucoii non promuoviamo l'uso del niqab, ma difendiamo con fermezza il diritto di chi lo indossa per convinzione, nel rispetto della libertà individuale e della dignità della persona. In una società democratica, nessuno Stato dovrebbe arrogarsi il diritto di stabilire come una donna debba vestirsi". Il presidente dell'Unione delle Comunità islamiche ritiene, quindi, "inaccettabile che una ragazza si veda negata la possibilità di partecipare a uno stage o che arrivi a temere di non poter concludere gli studi a causa delle proprie scelte religiose".
Lafram chiede, dunque, al mondo della scuola e della politica "di impegnarsi affinché la scuola resti un luogo di accoglienza e valorizzazione delle differenze" e all'Italia di "imparare a considerare la diversità non come un ostacolo, ma come una risorsa per la crescita della società".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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