No a sconti Irpef e stangate sull'Iva La maggioranza ora si ribella al Prof

Pdl, Pd e Udc non sono disposti ad accettare lo scambio detrazioni-aliquote e il contemporaneo aumento dell'imposta: "Così si penalizzeranno i ceti più deboli e le famiglie"

Roma - Il primo e unico taglio delle tasse del governo Monti rischia di avere vita breve. Il calo delle aliquote dal 23 al 22% e dal 27 al 26% contenuto nella legge di stabilità, in teoria è apprezzato da tutti, ma i partiti di maggioranza al completo hanno chiesto di metterlo da parte per evitare le altre misure fiscali del provvedimento, che tutti considerano troppo penalizzanti. Il governo è intenzionato a difenderlo ancora un po', ma difficilmente riuscirà a resistere.
Il dato è emerso con forza all'avvio degli incontri del governo con le forze politiche. Ieri è stata la volta dell'alleato più fedele dell'esecutivo tecnico, Pier Ferdinando Casini, che questa volta si è presentato dal premier con delle richieste precise. In particolare sulle soglie che gravano su detrazioni e le deduzioni, penalizzando i ceti più deboli e rendono inutili i tagli di un punto delle due aliquote più basse dell'Irpef. Giusto abbassare le imposte sui redditi delle persone, ha spiegato il leader Udc, «noi però temiamo che l'abbassamento delle aliquote in corrispondenza con l'operazione che si fa sulle detrazioni fiscali rischi di penalizzare le famiglie monoreddito con i figli».
Il Pdl, che ancora non ha incontrato il governo (oggi Berlusconi e Alfano vedranno premier e domani sarà il turno di Bersani) sarebbe disposto a mettere da parte il taglio Irpef, a patto che le risorse liberate, circa 5 miliardi, vengano utilizzate per sterilizzare l'aumento dell'Iva, che vale poco più di 3 miliardi nel 2013 e 6-7 dal 2014 in poi.
Il partito di maggioranza relativa, al pari dei centristi dell'Udc, vorrebbe anche modifiche sulle detrazioni e deduzioni. «Non vanno bene le scelte di un aumento dell'Iva, di revoca delle detrazioni perché è una violazione del patto fiscale e anche sulle scuole riteniamo che ci siano degli errori che vanno urgentemente riparati», ha spiegato ieri Angelino Alfano. La novità di ieri è che anche il Pd si è espresso per annullare le due principali misure fiscali del governo, cancellando «sia l'aumento dell'Iva sia l'intervento sull'Irpef». Parole del responsabile economico Stefano Fassina, che sembrano condannare a morte le riduzioni delle due aliquote.
Il governo si è limitato a ribadire, per bocca del ministro dell'Economia Vittorio Grilli, che non c'è spazio per provvedimenti che compromettano il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013. «I saldi di bilancio non possono essere messi in discussione», ha spiegato il ministro. Stesso messaggio filtra da Palazzo Chigi, dove però si vorrebbe salvare anche l'impianto generale della manovra. Battaglia difficile da combattere, anche perché dentro l'esecutivo cominciano a farsi sentire diversi ministri, compresi quelli di stretta osservanza montiana, preoccupati per il carattere recessivo della legge.
Nessuno intende mettere a rischio i saldi. Di sicuro la copertura per eventuali modifiche - minimo due miliardi di euro anche nel caso in cui si decida di rinunciare al calo dell'Irpef - non potranno essere cercate nelle risorse liberate dal calo degli spread (circa 5 miliardi) né dai proventi delle lotta all'evasione. Coperture che possono servire per misure una tantum e non strutturali. Quindi, al massimo, un ulteriore rinvio dell'aumento Iva dal 10 all'11% per l'aliquota agevolata e dal 21 al 22 di quella ordinaria, fino al dicembre del 2013.
L'altro grande capitolo è quello della scuola. Il Partito democratico ne ha fatto un cavallo di battaglia, tanto che il segretario Pier Luigi Bersani ha annunciato che non voterà le misure che innalzano l'orario dei docenti delle scuole superiori da 18 a 24, previsto dalla legge di stabilità, «così come sono». Le diplomazie sono al lavoro e ieri si parlava di un compromesso su un aumento a 21 ore settimanali. Ipotesi smentita dal ministero dell'Università «in maniera categorica».
Una soluzione, comunque, andrà trovata. Anche perché l'aumento delle ore di lavoro senza aumenti di stipendio si presta a ricorsi che si potrebbero ritorcere contro il governo.

Gli insegnanti, con una mobilitazione partita in modo spontaneo e senza sponsor, stanno già attuando una sorta di sciopero bianco e altre proteste sono in arrivo.
La palla è anche nel campo della maggioranza perché il governo ha comunque deciso di rimettersi alla volontà del Parlamento.

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