Il Cav: un governo imposto è roba da Prima Repubblica

Berlusconi telefona ai Club convinto che Renzi non durerà a lungo. E Toti accusa: "Non è quell'esecutivo di cambiamento che serviva"

Il Cav: un governo imposto è roba da Prima Repubblica

Le perplessità del Cavaliere restano tutte. Non solo sulla squadra che Matteo Renzi ha portato con sé al governo, ma soprattutto sul fatto che davvero il neo premier tenga fede agli accordi presi sulla riforma della legge elettorale invece di provare a rimandare il tutto alle calende greche per cercare di blindare il nuovo esecutivo fino al 2018.
Un Silvio Berlusconi che ormai da qualche giorno inizia a guardare al segretario del Pd con un pizzico di scetticismo, dovuto forse anche alle tante sollecitazioni che gli stanno arrivando dai vertici di Forza Italia. Non solo ad Arcore, infatti, ma pure a piazza San Lorenzo in Lucina è ormai cambiato il mood. E se Denis Verdini continua ad essere «fiducioso» rispetto agli impegni presi sulle riforme con il sindaco di Firenze, non si contano quelli che temono che Renzi stia sostanzialmente facendo il «doppio gioco» e abbia in realtà «il solo obiettivo di chiudere l'era Berlusconi». Esattamente quello che hanno provato a fare Mario Monti prima ed Enrico Letta poi, senza però riuscire ad archiviare definitivamente la partita. Non è un caso, forse, la battuta sibillina di Daniela Santanchè: «Faccio gli auguri sinceri a Matteo Renzi, ma visti i precedenti invito Forza Italia e tutti gli italiani a non essere troppo sereni per l'insediamento del governo».
E probabilmente è questa la ragione di un Cavaliere che inizia a prendere in maniera più decisa le distanze dal segretario del Pd. In privato l'ex premier è anche arrivato ad usare toni duri e si è spinto in considerazioni piuttosto pesanti, ma è chiaro che in pubblico l'approccio è diverso e decisamente più sfumato. Il cambio di passo è però tangibile. Niente più apprezzamenti e lusinghe per Renzi, ma solo la rassicurazione che l'opposizione sarà «responsabile». Oltre il leader di Forza Italia non si spinge più, perché inizia a temere che quella del sindaco di Firenze sia l'ultimo atto di quella manovra che ha preso il via nell'estate del 2011 con l'obiettivo di «abbattere il governo Berlusconi» e sostituirlo con «un esecutivo gradito ai poteri forti».
Un Cavaliere che nelle conversazioni private definisce l'esecutivo Renzi «un governo da Prima Repubblica», frutto di mediazioni ed equilibrismi di Palazzo e lontanissimo dal comune sentire della gente. Tanto che Giovanni Toti, consigliere politico dell'ex premier, arriva a dire che «non è esattamente l'esecutivo di cambiamento che il Paese si aspettava per riconciliarsi con la politica».
Così, anche in pubblico Berlusconi è decisamente più tranchant del solito. Via telefono si collega prima con Roma, per una manifestazione organizzata da Antonio Tajani per il lancio dei Club Forza Silvio Eur-Garbatella, poi con Milano, dove Mariastella Gelmini riunisce i Seniores di Forza Italia. E affonda: «Se il governo non è eletto non è più democrazia». Parole che arrivano quando è passata neanche un'ora dal giuramento di Renzi e del suo governo al Quirinale. Un timing evidentemente non casuale.


«Oggi più di prima – attacca il leader di Forza Italia – c'è assoluta necessità che ogni italiano di buon senso e amante della libertà scenda in campo con noi per convincere gli altri italiani che sono nell'ignoranza che c'è la necessità di dare la maggioranza del 51% a un solo partito che alle elezioni possa esprimere un proprio governo che cambi le istituzioni». Berlusconi, dunque, guarda già alle urne e, non a caso, usa toni e argomenti da campagna elettorale. «Non sappiamo quando succederà – conclude quasi fosse un auspicio – ma dobbiamo tenerci pronti a nuove elezioni».

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