Un nuovo boom di robotil personaggio

Ora che la rivoluzione del cloud computing ha messo in rete dati «leggibili» dai nostri smartphone e tablet (e poco importa se siamo in ufficio o stesi in spiaggia) il mondo degli incubatori e acceleratori di impresa - quelle strutture che supportano le start-up nella fase di lancio, aiutandole nella preparazione e accesso al mercato - torna a concentrarsi sull'hardware. E sui suoi sviluppatori, quei makers che sono i «nuovi artigiani», con alte competenze tecnologiche, capaci di creare oggetti che sfruttando l'innovazione fanno cose un tempo riservate ai film di fantascienza.
Liam Casey è il fondatore di PCH International, una società di servizi che vanno dal design alla logistica. Tra i suoi clienti ci sono colossi come Apple e piccole aziende, ma le prestazioni erogate, spiega in un'intervista al Financial Times, non cambiano: si va dalla fase della manifattura fino alla vendita al dettaglio, perché «l'hardware è fatto di tante “parti“, devi essere certo che tutte vadano a posto». La sua PCH ha dato vita ad un ramo d'azienda, la Highway1, dedicata all'incubazione di startup che creano gadget tecnologici. Tra questi c'è uno smartwatch (prezzo minimo 129 dollari) capace di connettersi via bluetooth al cellulare e ricevere email e messaggi di testo, ma anche controllare il meteo.
A inventarlo è stata la Metawatch Strata, una startup che fino al 2012 aveva racimolato 300mila dollari con il sistema del crowfunding (la richiesta di finanziamento al «pubblico» attraverso la rete). Poi ha incontrato Liam Casey e la sua PCH, ha aderito a Highway1 ed è riuscita a lanciare il suo orologio da polso intelligente sul mercato prima che arrivassero altri concorrenti, come il più noto Pebble.


Non succede solo nella Silicon Valley: «Gli incubatori possono operare a Cork, a Palo Alto o a Shenzhen (Cina), il risultato è il medesimo», spiega Casey. Che va in giro con tre smartphone: uno per l'Irlanda, uno per gli Usa e uno per la Cina.
twitter @giulianadevivo

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