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Obama non vuole il pupillo di Pisapia

Visto rifiutato al braccio destro del sindaco di Milano: Limonta è anti-americano militante. Sel chiede aiuto alla Farnesina

Obama non vuole il pupillo di Pisapia

Lui non ha mai fatto segreto della sua antipatia nei confronti degli Stati Uniti. Ed ora che ci vuole andare in vacanza, si vede ripagare con la stessa moneta. Paolo Limonta, braccio destro del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, non è riuscito ad ottenere il visto per gli Usa.

E l'episodio diventa subito un caso politico, con tanto di interventi in aula consigliare, «processi» anti americani su Facebook e richieste di un intervento urgente della Farnesina. Limonta, terzomondista convinto e leoncavallino da sempre in prima linea, ricostruisce l'accaduto sulla pagine del suo profilo online, dove pubblica anche una fotografia di un gruppo di marziani che sostengono il cartello: «Yankee go home». «Mio figlio e i miei nipoti - scrive - stanno organizzando un viaggio negli Usa e vogliono che vada con loro. Ma l'autorizzazione del viaggio senza visto non è stata approvata».

Il «gigante» dei centri sociali si era messo anche di buzzo buono ed aveva risposto a tutte le domande del questionario dicendo che no, non ha intenzione di compiere atti terroristici negli Stati Uniti. E no, non è coinvolto in attività di spionaggio o sabotaggio. Ma non è bastato. Alle spalle Limonta non ha nessuna condanna, nessun reato: solo una sfilza infinita di occupazioni e cortei abusivi. Da qui la sua domanda alla signorina dell'ufficio visti: «Scusi, può verificare se dietro alla negazione del mio visto c'è la mia attività in difesa dei popoli oppressi? O la mia crescita politica segnata dai golpe avvenuti in Sud America, o la mia critica alla politica statunitense nel nome delle migliaia di persone imprigionate, torturate e uccise?».

Il curriculum del maestro elementare è costellato da episodi di protesta anti americana assieme ai sovversivi dei centri sociali. Limonta si è sempre schierato a favore delle cause dei popoli «ribelli» alla logica statunitense. Nel 1999, quando i rappresentanti dei curdi perseguitati si barricarono all'interno del consolato greco a Milano, la Digos telefonò a lui (impegnato in una lezione in aula) per chiedere di mediare con i protestanti ed evitare disordini.

Ora a suo favore si schiera tutto il centrosinistra. Compreso il sindaco Giuliano Pisapia. Lo stesso sindaco che qualche giorno fa ha dato buca all'ambasciatore americano David Thorne snobbando la sua ultima cena milanese prima del rientro a Washington a luglio. Una gaffe istituzionale che ora non lascia spazio nemmeno a una telefonata per chiedere di risolvere il problema del visto di Limonta.

«Si tratta solo di un equivoco che verrà chiarito - stempera i toni il sindaco milanese - I rapporti con gli Stati Uniti sono ottimi». La sinistra di Sel scomoda la Farnesina con un'interrogazione e si augura che «l'ambasciatore americano intervenga a risolvere una questione davvero incredibile». Il Pdl chiede chiarimenti al sindaco per sapere in quali rapporti è il Comune con gli Stati Uniti. E il vice presidente del consiglio comunale Riccardo De Corato ironizza: «Neppure Obama si fida più di Pisapia e dei suoi.

Lo scorso febbraio, il console Usa non le aveva mandate a dire al sindaco, definendo Milano una città poco sicura e mettendo in guardia i propri connazionali sull'allarme sicurezza».

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