Ombre sull'Udc, la corte dei Conti gira gli atti ai pm

Mancano i documenti relativi ai fondi donati a 25 società: 171mila euro non giustificati

Roma - L'istruttoria non ha portato alla certezza del reato. Ma la Corte dei Conti ha deciso di «riferire» alcuni accertamenti svolti sui conti dell'Udc nel Lazio alla procura della Repubblica di Roma. Le notazioni dei giudici contabili sono contenute nell'ampia relazione scritta dal Collegio di controllo sulle spese elettorali pubblicata lo scorso 10 agosto. L'indagine ha riguardato tutti i partiti che hanno partecipato alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010. E nel caso dell'Udc, la Corte scrive che mancano le carte, le pezze di appoggio, sui contributi al partito di Casini di ben 25 società. I fondi di cui si parla sono quelli versati dai privati. Ma a parte questa vistosa lacuna nella documentazione portata dai centristi, il Collegio chiede anche lumi su «alcuni titoli di spesa risultati non direttamente riferibili alla campagna elettorale».
Per l'anno 2010, l'Udc ha ottenuto per il Lazio un contributo statale di 276.776,75 euro, a cui si sono poi aggiunti 266.752,87 nel 2011. Per la campagna elettorale l'Udc ha speso molto di più (1.752.327,09), comunque ampiamente al di sotto del limite di spesa. E soprattutto il partito di Casini ha potuto usufruire di un'ingente somma di contributi non statali: 2 milioni 180mila 577 euro, tra «fondi associativi e contributi di terzi», scrive la Corte dei Conti. Il disavanzo tra entrate e uscite è stato quindi di 428.250 euro, soldi rimasti nelle casse dell'Udc. Il Collegio della Corte di Conti ha chiesto «in particolare - si legge dalla relazione - la documentazione attestante il pagamento dei debiti dichiarati e lo stralcio dal consuntivo di alcuni titoli di spesa risultati non direttamente riferibili alla campagna elettorale».
Ma l'anomalia segnalata dai giudici contabili è soprattutto questa: «Il dott. Vittorio Bonavita, segretario amministrativo dell'Udc Lazio pro tempore, con nota in data 3 luglio 2012 ha trasmesso solo una parte (14 delibere societarie) della documentazione relativa alle società eroganti (in tutto 39 società) previste dalla predetta legge n. 195 del 1974». Di venticinque società non è stata cioè consegnata la documentazione dei pagamenti. Centosettantunomila euro senza carte. I principali finanziatori dell'Udc all'interno di questa lista sono stati l'Istituto neurotraumatologico, Ini (20mila euro), gruppo privato accreditato con il sistema sanitario nazionale, e poi un lungo elenco di aziende di costruzioni, dalla Todini Costruzioni (20mila) alla Edil C.a.s.a. Edilizia (20mila euro), a Ciaccia appalti srl (altri 20mila).
Il Collegio «non ritiene che la mancata trasmissione della documentazione relativa ai contributi di che trattasi sia, di per sé sola, atta a concretizzare un fumus di sussistenza» di reato, ma ha comunque segnalato la pratica alla Procura. Proprio per la documentazione mancante, la Corte dei Conti «non può pronunciarsi sulla regolarità del consuntivo».
Nelle conclusioni generali della relazione, che prende in esame tutti i partiti, si segnala che «soltanto in un caso la documentazione prodotta è risultata incompleta» al capitolo dei contributi privati. Il caso pare proprio quello dei centristi del Lazio.
La differenza tra rimborsi (pubblici e privati) e spese sostenute non è però solo una prerogativa dell'Udc, che anzi se si fosse limitato ai soli contributi pubblici sarebbe andato in disavanzo, essendosi retto nella campagna regionale soprattutto sui finanziamenti privati.

Quasi tutti i partiti percepiscono più di quanto investono per la campagna elettorale: si nota «una forte discrasia tra i cosiddetti “rimborsi” e le spese sostenute», scrivono i giudici contabili. Nel 2010 il partito che ha fatto più «cassa» con le elezioni è il Pd: ha speso 6 milioni 120mila euro meno del rimborso avuto dallo Stato.

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