Ora fuggono i tedeschi

Il settimanale sommerso da messaggi di protesta su Facebook. E la pagina sparisce dal social network. E i giornali di casa nostra fanno finta di non vedere

Ora fuggono i tedeschi

Non sia mai che un italiano possa permettersi di dare del codardo a un tedesco, ma c’è sempre una prima volta per ogni cosa. Eccoci dunque a interrogarci se, fatte le dovute proporzioni, non si annidi uno Skettinen anche nella redazione dello Spiegel, l’accigliato settimanale di Amburgo che si diverte a ridicolizzare l’Italia. Magari qualche giornalista che di fronte alla pioggia di critiche provenienti dal Belpaese abbia deciso di sprangare porte e finestre e battere in ritirata.

L’episodio è significativo. Succede che, dopo la forte provocazione lanciata venerdì dal Giornale, un gran numero di lettori decida di lasciare un commento sulla pagina Facebook dello Spiegel. Anche il Giornale.it pubblica l’indirizzo internet cui collegarsi per esprimere il proprio parere. Sotto la striscia azzurra che caratterizza ogni pagina Fb compaiono la testata del giornale e la funerea copertina nera con la nave da crociera della tragedia, mentre a lato scorrono le sintesi dei principali articoli.

Da venerdì pomeriggio in poi si è scatenato un diluvio di proteste, non sempre espresse con flemma britannica o con rigore logico teutonico; d’altronde siamo italiani. Si va dal «vaffa» al «vergognatevi», c’è chi gli rinfaccia la Thyssenkrupp e chi Mengele, qualcuno rivuole l’oro rubato alla Banca d’Italia nel 1944 e altri ricordano «un uomo chiamato Salvo D’Acquisto» mentre parecchi rivangano l’eterna rivalità calcistica. Tanti scrivono in italiano, qualcuno in inglese o addirittura in tedesco per essere certi di farsi capire. Non tutti i messaggi ci fanno onore, bisogna ammetterlo. In questa babele c’è persino chi si chiede perché nella discussione manchino i tedeschi: «Non è questa una pagina Facebook germanica? Vedo solo commenti italiani. Dove siete? Mi domando se siete scappati da qui...». Probabilmente non aveva sbagliato di molto.

Nella tarda serata di venerdì, improvvisamente il profilo dello Spiegel sparisce da Facebook. E con lui scompaiono anche il logo e la valanga di commenti, di cui però è rimasta traccia nelle grandi memorie della rete. Cliccando sull’indirizzo del giornale, da ieri appare un sobrio avvertimento: «Questo contenuto non è al momento disponibile. Impossibile visualizzare la pagina richiesta al momento. La pagina potrebbe essere temporaneamente non disponibile, il link su cui hai cliccato potrebbe essere scaduto o potresti non disporre dell’autorizzazione a visualizzare questa pagina». In sostanza, «torna alla home». Cioè alla pagina iniziale. Ma suona quasi come un «vattene a casa».

Ed ecco che si apre il giallo. Il grande dilemma sul destino dello Spiegel su Fb, dove è rimasta un’altra pagina riconducibile al giornale, ma si tratta dell’edizione online, diversa da quella stampata. Che fine ha fatto il profilo su cui si era riversata la protesta italiana? Perché non è più possibile comunicare con gli amburghesi nemmeno in guanti bianchi? Le ipotesi non sono molte. O il contenuto non è stato reso disponibile (per dirla con l’ufficialità facebookiana) dagli amministratori del social network, oppure è stato chiuso dai cuor di leone alemanni.
I responsabili di Facebook intervengono quando ricevono segnalazioni negative. È sufficiente indicare una pagina come «spam», spazzatura, per innescare una serie di controlli.

A volte questi avvertimenti hanno un fondamento, altre sono operazioni di killeraggio. È capitato anche al Giornale, la cui pagina ufficiale su Fb venne chiusa d’ufficio (e successivamente riaperta con tante scuse) dopo la denuncia di qualche internauta. Ma allora ci vollero un paio di giorni prima che calasse la mannaia della censura.

Ieri invece il sipario è sceso in tempi più rapidi. Ed ecco che si rafforza piuttosto la seconda ipotesi. Che siano stati quelli dello Spiegel a sospendere il profilo. Che abbiano preferito loro togliere la bacheca elettronica su cui si accumulavano i post-it virtuali degli italiani indignati. Insomma, il sospetto è che, secondo lo stile rimproverato a noi, abbiano lanciato il sasso e ritirato la mano. Il Giornale.

it ha chiesto lumi a Facebook, che però non ha saputo chiarire il giallo. Nemmeno lo Spiegel ha risposto a e-mail con richieste di chiarimento. E rimane il dubbio se gli Schettini siano proprio tutti al di qua delle Alpi.

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