Roma - I partiti danno il via all’operazione «soccorso bancario», che però rischia di rivelarsi meno semplice del previsto. Mal celando l’imbarazzo per l’emendamento al decreto liberalizzazioni che ha provocato la sonora protesta dell’Associazione bancaria, il Partito democratico si dice pronto a correggere l’errore. «L’emendamento di cui si discute è del Pd, e il nostro partito rivendica pienamente l’obiettivo di quella norma», dice il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro. Ma, aggiunge, il diavolo ci ha messo la coda, ed è saltata parte del testo in cui si limitava l’applicazione della norma taglia-commissioni alle banche non trasparenti. Ma è davvero così? «Siamo comunque pronti - conclude - a cercare una soluzione».
Non è soltanto il Pd ad essersi pentito. Anche il Terzo Polo, che pure ha votato con disciplina sia il testo della commissione Industria che il successivo maxi-emendamento che lo recepiva integralmente, ora parla di demagogia. «La norma sulle banche è una follia allo stato puro - tuona Pier Ferdinando Casini - che rischia di bloccare il credito per famiglie e imprese. Comunque il problema non sussiste: la cambieremo».
Meno retorica la posizione del Pdl. «C’è stato un errore in Parlamento - osserva il capogruppo a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto - come in tante altre occasioni, e sono stati corretti. Ma le dimissioni dei vertici dell’Abi sono un atto sopra le righe, un segno di eccesso polemico. È vero che la popolarità dei partiti è bassa, ma non mi sembra che la popolarità dei banchieri sia elevatissima. Sanati gli eventuali errori - aggiunge - resta la questione di riaprire i canali del credito alle imprese e alle famiglie». Di Pietro carica invece lo schioppo a pallettoni: «È troppo poco ciò che il decreto prevede sulle banche». Prima di lamentarsi dell’abolizione delle commissioni, dice il leghista Maurizio Fugatti, le banche dovrebbero impegnarsi a erogare credito alle piccole e medie imprese.
Cambiare la norma sulle commissioni è comunque la parola d’ordine fra i partiti. Ma chi si assumerà l’onere di presentare la modifica, chi diverrà agli occhi del pubblico l’impopolarissimo «amico delle banche»? Un emendamento riparatorio è stato già presentato giovedì sera alla Camera, a firma di Stefano Saglia (Pdl) e Orieno Giovanelli (Pd). Terzo Polo e Lega assicurano: lo voteremo. Lo schieramento appare dunque molto ampio. Ma sullo sfondo emerge un problema non trascurabile: alla luce della famosa lettera del presidente Napolitano sulla congruità degli emendamenti rispetto alla materia delle leggi in esame, il decreto semplificazioni potrebbe non poter ospitare il «salva banche».
Lo spiega bene il presidente della commissione Attività produttive di Montecitorio, la leghista Manuela Dal Lago. «Bisognerà vedere se la correzione è ammissibile. Le regole - spiega - sono diventate molto più rigide, specie dopo la lettera di Napolitano. Gli emendamenti devono essere attinenti non solo ai titoli dei vari articoli, ma anche all’argomento; e che cosa c’entrano le commissioni bancarie con le semplificazioni»?
Non sarà il governo a presentare la modifica sulle banche. Mario Monti, a Bruxelles, ha detto: «Sulle banche, senza entrare nel merito, non siamo certo stati morbidi». La posizione è quella espressa giovedì dal sottosegretario alla presidenza Catricalà: se le forze di maggioranza saranno d’accordo, il governo non si metterà di traverso. Secondo fonti parlamentari, i due relatori del decreto semplificazioni stanno già lavorando ad una bozza di emendamento che salva dalla nullità delle commissioni le banche che rispettano i criteri di trasparenza del Cicr (il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio). Si fa strada anche l’ipotesi di aggiungere un passaggio in cui si chiede al sistema bancario di utilizzare per il credito a imprese e famiglie parte dei finanziamenti ottenuti dalla Bce.
L’Abi attende gli sviluppi politici. Gli organismi direttivi dovrebbero riunirsi martedì per fare il punto della situazione.
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