"Ma ora lo Stato ci deve risarcire"

Albergatori in rivolta: "I No Tav hanno distrutto il turismo, ma la colpa è di chi non li ha fermati"

"Ma ora lo Stato ci deve risarcire"

Davanti agli impianti olimpici di Melezet il parcheggio è mezzo vuoto. Idem alla seggiovia di Campo Smith, al Palasport e sotto lo Jafferau, nonostante la neve bellissima e il sole scintillante. Fa eccezione il cortile del Villaggio Olimpico, un casermone giallognolo costruito dagli architetti del duce ristrutturato (male) per i Giochi del 2006 poi trasformato in albergo. Quel posteggio è pieno. Ma sono furgoni biancazzurri della polizia, le navette che trasportano gli agenti di guardia al cantiere Tav della Maddalena, mezz’ora di strada più a valle. Da mesi metà hotel è appaltato a loro.
La stagione turistica salvata (si fa per dire) dalle forze dell’ordine: è il simbolo delle contraddizioni di queste zone. Sei anni fa l’alta Val di Susa ospitò le Olimpiadi della neve. Non ci fosse qualche raro cartello con i cinque cerchi e le scritte sbiadite alla barriera autostradale di Avigliana, nessuno se ne ricorderebbe più. È da dimenticare anche quest’inverno. «Gli albergatori stimano un calo del 20-25 per cento, noi del 30-35», calcola Giovanni Pollone, presidente dei commercianti di Bardonecchia. «Stiamo rimettendoci le ossa», rincara Mauro Gattiglio, responsabile delle Ascom dell’Alta valle.
C’è la crisi, e la neve è caduta tardi. Ma le proteste anti-Tav stanno assestando il colpo di grazia. Luca Vachet è il proprietario dell’hotel La Pigna, in faccia alla seggiovia di Melezet, e presidente del Consorzio turistico di Bardonecchia. «La crisi ci ha portato via tante settimane bianche – spiega - gli sciatori che si accontentano dei weekend lunghi o del sabato e domenica vogliono andare sul sicuro. Non rischiano di perdere mezza giornata in coda dietro ai Tir perché autostrada e statali sono bloccate all’improvviso dai No Tav: vanno altrove».
Il ragionamento fila. Ecco perché, come spiega Romano Bosticco, titolare del fascinoso hotel De Geneys e presidente degli albergatori di Bardonecchia, i dimostranti di Bussoleno perdono consenso. «All’inizio era una protesta civile – dice Bosticco che non tradisce un passato da sessantottino – ma adesso le azioni sono inquinate da una violenza permanente. Dicono di essere pacifisti? La smettano di fare barricate in autostrada, bruciare copertoni e spaventare i turisti». Ne è convinto anche Vachet: «Molti valligiani hanno cambiato idea dopo che gli hanno toccato le tasche. Nessuno vuole impedire le proteste, avranno le loro ragioni, anche se mi sembra una causa persa. Ma c’è modo e modo. Almeno garantiscano l’apertura delle strade».
Questo fine settimana è incertissimo: ieri i No Tav sono rimasti tranquilli. Luca Abbà è fuori pericolo, hanno detto i medici del Cto di Torino. E il presidente della Comunità montana Sandro Plano, ufficiale di collegamento con i contestatori, ha promesso una tregua. Ma su impianti e scuole di sci piovono disdette proprio dai turisti che garantiscono ossigeno a queste montagne in crisi, i «mordi e fuggi» e i proprietari di seconde case, di cui Bardonecchia ha il record italiano. Racconta Pollone, che amministra numerosi residence: «Domani (oggi per chi legge, ndr) ho un paio di riunioni condominiali che forse dovrò annullare perché i proprietari non salgono». Vachet valuta che un fine settimana disertato sottragga a Bardonecchia incassi per due milioni di euro: 40 alberghi, decine di ristoranti, 7 scuole di sci, 200 attività commerciali. In tutto il comprensorio della Via Lattea (140 chilometri di piste con 25 impianti) farebbero cinque milioni. Danni gravissimi e difficilmente recuperabili. La Sitaf, concessionaria dell’A32, prevede cassa integrazione per 200 dei 280 dipendenti per il crollo dei pedaggi e l’impennata delle spese di ripristino sui tratti di autostrada devastati. Un albergatore gli fa eco: «Chiudere la stagione in anticipo costringerebbe a lasciare a casa molto personale».
Così si sta facendo strada l’idea di lanciare una «class action» contro i No Tav. Un’azione legale di massa con una gigantesca richiesta di risarcimento danni, economici e di immagine. La proposta è partita dagli albergatori. I commercianti sono favorevoli: «Se la mia auto si ferma in panne sui binari, le Ferrovie mi chiedono giustamente i danni», spiega Pollone. D’accordo anche i sindaci di Sauze d’Oulx, Cesana, Sestriere e Bardonecchia.

Se la prenderanno davvero con gli abitanti del fondovalle? «Stiamo studiando come fare con alcuni avvocati – risponde Bosticco - la via più percorribile sembra un’azione contro lo Stato che non è intervenuto adeguatamente per scongiurare i danni e tutelare gli interessi generali. Noi garantiamo lavoro a tutta la Val di Susa. Morto il turismo, morti tutti».

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