In molti lo avevano capito sin da subito, da quei primissimi giorni del suo pontificato: «Bergoglio farà pulizia dentro il Vaticano». E così è stato. Quello scatolone bianco messo in bella mostra, lo scorso 23 marzo, durante l'incontro storico tra i due papi a Castel Gandolfo aveva fatto intendere che qualcosa Oltretevere stava davvero per cambiare. Se all'interno del pacco vi fossero le carte del Vatileaks, documenti riguardanti lo Ior o semplice corrispondenza, nessuno potrà mai saperlo; l'unica cosa certa è che da quel giorno il clima di veleni regnante fino a poco tempo prima, aveva iniziato a lasciare spazio a un clima di cambiamento senza precedenti.
Papa Francesco non ha perso tempo: il suo primo passo importante per avviare la «rivoluzione vaticana» è stato quello di nominare un gruppo di otto cardinali-consiglieri che, da ottobre, lo aiuteranno a riformare la Curia romana e lo Ior, il discusso istituto per le opere di religione. Qualche giorno fa inoltre Francesco, dopo aver nominato un prelato di sua fiducia per l'istituto finanziario, ha istituito una commissione pontificia di referenti, presieduta dal cardinale Raffaele Farina, che dovrà acquisire dati e documenti dello Ior per consegnarli direttamente al Papa, che vuol capire bene i meccanismi dell'istituto prima della riforma.
Cambiare la «banca vaticana» è, infatti, uno dei «pallini» del Pontefice argentino e l'arresto, ieri mattina, di monsignor Nunzio Scarano, nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Roma sull'istituto finanziario d'Oltretevere, non può che far comprendere come grazie a Bergoglio le acque dentro le sacre mura stiano iniziando a ripulirsi.
Don Scarano, classe 1952, originario di Salerno con una passione per l'immobiliare, era stato sospeso un mese fa dall'incarico di responsabile della contabilità nella sezione straordinaria dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, una sorta di Banca Centrale vaticana. I superiori avevano sospeso Scarano in via cautelativa, dopo aver saputo di un'altra indagine a suo carico da parte della Procura di Salerno. Da quel giorno tra le stradine del Vaticano non si è parlato d'altro: don Nunzio, essendo dipendente della Santa Sede, era titolare anche di un conto allo Ior, frequentava da cliente l'istituto e chi lo conosce dentro la città leonina, lo descrive come un sacerdote preciso e attento, ma dalla faccia d'angelo e con le tasche piene di soldi. Nonostante ciò in molti, tra laici ed ecclesiastici, credono nella sua buona fede, almeno fino a quando non ci sarà un pronunciamento definitivo della giustizia nei suoi confronti.
«Non bisogna scandalizzarsi» dice al Giornale il cardinale Velasio De Paolis, porporato di Curia e membro dell'Apsa, «bisogna aspettare la verità, e che i giudici facciano il loro cammino - spiega -. Dobbiamo sempre essere onesti. Anche noi sacerdoti possiamo sbagliare, siamo esseri umani, non siamo infallibili. Ma è anche vero che, se innocenti, siamo esposti di più a essere colpiti». Il cardinale, 77 anni, presidente emerito della prefettura degli Affari economici della Santa Sede (la «Corte dei Conti» vaticana) è convinto che prima di emettere giudizi su monsignor Scarano sia necessario aspettare l'eventuale ultimo grado di giudizio o comunque la decisione della magistratura: «C'è sempre tempo per condannare - dice il porporato -, ma se la persona che si condanna adesso pubblicamente poi viene assolta, questa rimarrà per sempre rovinata».
Di certo c'è che dentro il Palazzo Apostolico, la notizia dell'arresto di monsignor Scarano (chiamato da molti «monsignor 500» per la sua abitudine a pagare con banconote di grossa taglia) è arrivata come un fulmine a ciel sereno: «Il lavoro di pulizia del Papa sta portando buoni frutti» sussurra un altro anziano cardinale, «la Curia deve cambiare e mi pare che le cose stiano andando per il verso giusto».
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