da Roma
Il braccio di ferro tra chi vorrebbe far presto e chi prende tempo sta per finire. A vantaggio dei secondi, è la convinzione diffusa nel Palazzo. Dunque, il voto parlamentare sulle intercettazioni di Massimo D’Alema e Piero Fassino (alla Camera) e di Nicola Latorre (al Senato), nonchè dei tre azzurri Comincioli, Cicu e Grillo scivolerà a settembre, dopo le ferie agostane. I diretti interessati hanno infatti preannunciato «dettagliate memorie» da presentare alla Giunta per le autorizzazioni della Camera, ma per elaborarle e poi discuterle ci vorrà tempo: non basterà la prossima settimana, l’ultima di lavori parlamentari prima della pausa estiva.
L’Ulivo, Ds in testa, ha anche disinnescato ieri un rischio imbarazzante: quello che pure il voto sul caso di Cesare Previti finisse a settembre, e si intrecciasse alle vicende di D’Alema e Fassino alimentando polemiche e sospetti di «scambio » di favori. I fantasmi di «inciucio », insomma, che già il Pdci e Antonio Di Pietro hanno iniziato ad agitare preventivamente. Ieri, in conferenza dei capigruppo di Montecitorio, il tentativo di Forza Italia di far slittare a settembre la decisione sulla decadenza di Previti da deputato (che pure ha trovato qualche sponda nel centrosinistra, innanzitutto nell’Udeur interessata a portare a casa prima possibile il varo dell’ordinamento giudiziario, senza troppi intralci dalla Cdl) è stato stoppato dal presidente Bertinotti e dall’Ulivo. Nel silenzio di An e Udc, poco interessati a spalleggiare Forza Italia su Previti.
A settembre, dunque, si voterà sulle intercettazioni Unipol. E quale sia la linea della Quercia lo ha spiegato ieri Luciano Violante: nessun «sì» scontato e automatico. Certo D’Alema e Fassino si sono detti pronti a «condividere» qualsiasi decisione del Parlamento. Ma, spiega Violante, «prima la Giunta e poi l’aula dovrebbero mettere nero su bianco la mancanza di lealtà da parte dei giudici», e sottolineare il fatto che la Gip Forleo «anticipando un possibile giudizio ha commesso un abuso». Un abuso che il Parlamento «ha il dovere di segnalare, magari contestualmente all’accoglimento della richiesta di usare le intercettazioni».
Magari. Insomma, i Ds sono disponibili a votare sì solo nel caso in cui il Parlamento condanni l’operato del magistrato che chiede l’autorizzazione. Daranno battaglia fino in fondo, con la speranza che nel frattempo l’ipotesi di inchiesta disciplinare sulla Forleo vada avanti, e delegittimi l’operato di quei magistrati che - come si teme - hanno già gli avvisi di garanzia pronti a partire all’indomani di un eventuale via libera delle Camere. Certo la Quercia dovrà fare i conti anche dentro l’Unione per ottenere che la Giunta e poi l’aula «mettano nero su bianco» che dietro quella richiesta dei magistrati c’è un «abuso»: difficilmente Di Pietro e gran parte della sinistra radicale ci staranno. Però contano di trovare una sponda nell’opposizione, dopo il chiaro pronunciamento garantista di Forza Italia. «Non si può negare che Berlusconi sia coerente con la sua storia», diceva ieri il ministro ex Ds Fabio Mussi, annunciando che lui resta «decisamente per votare sì, senza che questo precostituisca alcun giudizio di merito. Anche se il mio giudizio politico su certi intrecci tra politica e mercato è noto».
E ieri un esponente prodiano del governo assicurava: «C’è la forte probabilità che in aula le autorizzazioni non passino». Già, perché non si voterà a scrutinio palese. E nel segreto dell’urna ai «no» dichiarati da Fi se ne potrebbero sommare molti altri. Dalla Quercia, innanzitutto, dove gran parte dei parlamentari sono furibondi per la «aggressione giudiziaria » contro i propri leader, e in molti confidano di giudicare «inaccettabile » l’idea di avallarla dicendo sì alla Forleo. Ma anche nella Margherita larga parte degli ex Ppi è su una linea simile. «Chiedere di utilizzare intercettazioni che stanno da mesi sui giornali non è serio », dice il ministro Fioroni. E molti «no» potrebbero affluire da Udc, Udeur, Rosa nel pugno.
Il sì alla Forleo è insomma molto meno scontato
di quanto si immagini. Anche se le conseguenze politiche di un «salvataggio» di D’Alema e Fassino a voto segreto, e con l’apporto determinante di Berlusconi, potrebbero essere più terremotanti di un avviso di garanzia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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