«Che cosa stavamo dicendo?» Ecco... già nella prima frase pronunciata da Sabina Guzzanti allinizio di Un, due, tre stella era racchiuso quel che sarebbe successo: un programma rivolto allindietro che si basa su un assunto sbagliato: che il pubblico è agganciato al passato, che non cerca ventate di fresco. E, difatti, il pubblico ha accolto freddamente lo show: 4,44% di share con un milione 36mila spettatori (su una platea di prima serata pari a 29milioni 494mila persone). Risultato che, tenendo conto dei numeri ristretti della rete Telecom e della forte concorrenza della partita di Champions League, non è neanche così malaccio. Però se ci si ricorda della grande attesa che cera intorno al ritorno della pasionaria, lontana dal video da ben nove anni, certamente i dirigenti de La7 si aspettavano qualcosa di più. Anche perché, volendo spaccare il capello in quattro, il programma ha raggiunto il 4% di share perché si è protratto fin oltre la mezzanotte (e lo share si alza più ci si allunga). Con quel numero di spettatori, se si fosse fermato allora canonica delle 23-23,30, avrebbe raggiunto il 3-3,5%. Così la Guzzanti dovrebbe rileggersi cosa ha dichiarato a Repubblica pochi giorni prima di tornare in onda: «Le regole sono cambiate, riuscirà questa narco-tv a riconoscermi? Quel che voglio fare è sicuramente molto diverso da quel che ho fatto fino a ora... ma pur sempre una tv a cui la gente non è più abituata, narcotizzata da trasmissioni fatte apposta per rintronare».
Dunque, delle due luna: o la Tv dellultimo decennio ha rintronato proprio tutti, anche quelli che leggono libri e guardano le trasmissioni impegnate, oppure qualcunaltra è talmente supponente da pensare di essere «sempreverde».
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