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La partita per salvare l'euro si gioca sui nostri titoli di Stato

Decisive le aste dei prossimi quindici giorni. I mercati riaprono con l'incognita speculativa. Ed è giallo sull'intenzione del Fmi di bloccare gli aiuti alla Grecia

I falchi tedeschi cercano di creare una profonda ferita nell'euro affermando che il Fondo monetario non intende continuare nei suoi aiuti alla Grecia. La notizia è stata parzialmente smentita. Ma lo «scetticismo» del ministro dell'Economia tedesco Roesler nei confronti di Atene è la dimostrazione che la guerra contro l'euro on si svolge solo sul fronte esterno, ma anche sul fronte dell'ipernazionalismo della Germania.
La battaglia dell'euro si deciderà, per l'Italia, entro agosto. O almeno così pare, leggendo fra le righe ciò che ha detto Mario Draghi. Non è chiaro se egli sia come il generale Cadorna nella Prima guerra mondiale, che continuando a ritenere decisiva ogni conquista, passo passo ha perso a Caporetto. O come Diaz che ha rovesciato il fronte. Propendo per la seconda ipotesi.
La principale dichiarazione di Draghi è che l'euro è irreversibile. Non si tratta della frase di uno che ha nel revolver solo l'ultimo colpo, dà la sensazione di uno che ha ancora altre munizioni. In luglio noi dobbiamo emettere 2 miliardi di euro di Ctz biennali il 26 e 8 di Bot semestrali il 27, la vera battaglia avverrà il 30 luglio per 4-6 miliardi di Btp a 5 e 10 anni. I Bot semestrali sono quasi moneta, il loro tasso non è soggetto al famoso spread di 500 punti che riguarda i Btp e che non mi è chiaro come venga calcolato (forse c'è sotto qualche imbroglio statistico, a cura di gradi banche anglo americane, come nel caso del Libor, il tasso di interesse interbancario).
Sarà dunque il 30 luglio che si vedrà quanti Btp comprano gli operatori esteri che sono in gran parte investitori istituzionali tedeschi e di altri stati dell'eurozona i cui titoli a lungo termine hanno rendimenti inferiori al tasso di inflazione e, quindi, hanno bisogno di mettere nel portafoglio titoli a rendimento elevato. In agosto, ci sono il 13 una asta di Bot, il 28 una asta di Ctz e il 29 un'asta Bot. Dunque non ci saranno sfide sul campo di battaglia del mercato primario, ma solo sfide a distanza su quello secondario, mediante le vendite, soprattutto allo scoperto, di chi scommette contro l'euro. Nei portafogli dell'area del dollaro non ci sono molti Btp e quindi ha ragione chi sostiene che se in agosto il tentativo dei venditori short non avrà successo, essi rimarranno senza molte munizioni per i mesi seguenti. Certo se noi italiani ci fossimo fatti un fondo di 100 miliardi cash, con l'aiuto di banche internazionali, garantito su nostri patrimoni pubblici, con il supporto di banche internazionali, per contrastare la speculazione, la situazione sarebbe migliore. Ma bisogna tenere presente che Draghi ha risorse per intervenire nel caso di tensioni eccessive.
Il presidente della Bce è condizionato dal principio che gli Stati indebitati debbono essere tenuti sotto pressione, in quanto non disposti a effettuare le necessarie riforme se non costretti. E ciò vale anche per il governo Monti, condizionato da un Pd a parole pro euro, nei fatti riottoso a riforme efficaci. Anche la minaccia di elezioni anticipate a settembre da parte di un Pd che teme di perdere, fa parte delle ragioni per cui la Bce non ci aiuta. Certo, la affermazione di Draghi per cui l'euro è irreversibile è ambigua, ma non abbastanza per la distinzione fondamentale che fa fra la possibilità che per ragioni politico-finanziarie le autorità di fatto fiscali e monetarie dell'eurozona decidano di fare a meno della Grecia (poco probabile per ragioni politiche e perché la spesa è limitata rispetto a quella già fatta) e la possibilità che decidano di far andare fuori la Spagna e l'Italia.
La prima, dopo che il Bundestag tedesco ha approvato 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole sembra da escludere. Si tratta di una cifra troppo importante per pensare che non ci sia, alla base, una scelta di principio. Ora il debito si è appiccicato al creditore (la Germania ha una quota del 27% e l'Italia del 18%) e il creditore cercherà di non perdere il suo credito. E qui entra in gioco la questione dell'Italia. Se esce dall'euro, la quota degli oneri della Germania aumenta automaticamente del 18% del 27% ossia 4,9% e passa al 32% . Se Spagna e Italia escono dall'euro, essa si riduce del 29%.

E poiché uscirebbero anche Portogallo e Grecia, che contano per un altro 5 % abbondante, si ridurrebbe di un terzo e perderebbe attrazione per i nuovi candidati e l'euro diventerebbe una moneta internazionale secondaria, mentre l'eurozona non sarebbe più la parte dominante dell'Ue. E l'Italia fuori dall'euro, ma agganciata ad esso con una banda di oscillazione sarebbe un competitore pericoloso. Ecco che la battaglia di luglio e agosto per noi è quasi decisiva.



di Francesco Forte

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