Matteo-export, un prodotto da esportazione assemblato apposta per suscitare «curiosità e interesse» (in renzese suona un po' diverso: «grande fiducia e curiosità») tra i Big dell'Occidente industrializzato.
Difatti i capi di Stato del G7 all'Aja se lo guardano e se lo studiano, il ganzissimo Premier, così da far venire fuori una specie di danza del galletto (pavòn se si preferisce) giovane. Obama subito rompe il ghiaccio con Renzi(e) - come lo definirebbe anche Grillo - e i due ridono, si trovano simpatici. Finirà per riciclargli la battuta dei capelli che gli sono venuti bianchi alla Casa Bianca, «quando ho iniziato li avevo neri». Poi il presidente Usa scopre il senso del comunicato dell'altra sera, sull'«impazienza» per l'incontro bilaterale a Villa Madama di giovedì. «Non vedo l'ora di mangiare italiano», sbotta Barak.
Si ride anche se c'è poco da ridere. Il giapponese Shinzo Abe, tra inchini e sorrisini, affida alla Salvezza Nostra un bel po' di destini: «La comunità internazionale sta guardando con grande attenzione alla tua azione, l'economia italiana dipende dalla tua leadership», arriva a dirgli prima di proporre un'agenda comune Roma-Tokio (attenti all'Asse, non porta buono). Insomma, vola via così la prima parte del summit sulla sicurezza nucleare che non vede la Russia tra i protagonisti dopo un bel po' di anni (dal 1998 in forma ufficiale, prima con Gorbaciov ed Eltsin «invitati speciali») e nel quale la crisi ucraina rende tangibile la perdita di senso dell'Europa senza l' «amico amerikano», che preme sull'acceleratore per la cancellazione del G8 in programma nella Sochi cara a Putin.
Europa brutta e senz'anima - e difatti poco amata dai propri figli che soffiano forte, come i francesi, sul vento del populismo «anti». E problemi talmente enormi da far decidere a Renzi, nell'impossibilità di risolverli su due piedi, di anticipare il rientro a Roma. «Stanotte torniamo di corsa, così guadagniamo mezza giornata per lavorare sui molti documenti che ho a Palazzo Chigi - dice sfidando le regole formali e il buonsenso -. Qui tanto resta la Mogherini» (ah, bene... Mogherini-chi?).
Ma tanto la passerella da strapaese il Premier se l'è già guadagnata. Per intrattenere i cronisti nelle more del viaggio, ecco via Twitter arrivare la commovente lettera di commiato ai fiorentini, il «c'eravamo tanto amati». Una lettera che sprizza speranza ed energia da tutti i pori: «Sono certo che ce la faremo. Sarà bellissimo smentire gli uccellacci del malaugurio con l'energia e la serietà del nostro impegno. Nella vigilia del capodanno fiorentino (ce n'è uno?, ndr) lascio la guida di Firenze chiamato ad altro incarico dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento (sic!?). Ci metterò il coraggio che, nel bene e nel male, ormai conoscete. So di poter contare sulla vostra amicizia. E so che brontoloni o no i fiorentini fanno comunque il tifo per uno di loro. Indipendentemente da me, comunque, il punto è fare il tifo perché l'Italia torni a sorridere». A margine del summit, i propositi crescono d'intensità di ora in ora: «Dobbiamo mettere a posto il Paese e lo faremo. Al di là del nome del primo ministro, l'Italia è rispettata, apprezzata e stimata nel mondo e noi per primi dobbiamo toglierci un po' di provincialismo nel pensare che il nostro contributo non sia importante. Abbiamo molto da dare e non solo da chiedere». E sulla batosta subita da Hollande nelle amministrative, un'ancora di salvezza: «Voto locale ma significativo, di protesta, come accade anche in Italia. L'Ue deve prendere atto che è molto forte, diffuso in tutti i Paesi, un sentimento di antipolitica».
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