Il Pdl: "È un caso gravissimo". Ma Draghi difende Bankitalia

Per il Cav quella del Monte "è la vicenda più grave dai tempi della Banca Romana". L'ex numero uno di Via Nazionale: "Abbiamo agito in modo corretto e tempestivo"

Roma - E dire che il Cavaliere al Monte dei Paschi è rimasto affezionato. «Sì, le voglio bene - racconta - è stata la banca con cui ho lavorato per prima, che mi ha garantito i mutui per le mie realizzazioni immobiliari». Adesso però è saltato tutto. «Questo è uno scandalo enorme, il più grave della storia d'Italia dai tempi lontani del fallimento della Banca Romana nel 1892. Altro che Fiorito o Lusi, qui ci sono tre miliardi spariti. Ma i guai di Mps hanno più di dieci anni. Il problema sta nel fatto che nelle regioni rosse tutto dipende dal partito». Silvio Berlusconi ha i «brividi». «Pensate quale sarebbe stato l'impatto della magistratura se al posto del Pd fosse coinvolto il Pdl».
Pure Angelino Alfano vuole salvare Mps. «Noi per Dna siamo contro le nazionalizzazioni, però va evitato il rischio crac». La prima mossa potrebbe farla Bersani. «Se è vero, come si legge sui giornali, che Mussari ha per anni fatto donazioni al Partito democratico per oltre 600mila euro, allora chiediamo che il Pd restituisca all'istituto quanto eventualmente versato a titolo di liberalità. Sarebbe un piccolo contributo al risanamento».

Comunque sia, insiste il segretario del Pdl, dal Largo del Nazareno devono smetterla di fare i vaghi. «Non si può più accettare che facciano la parte di chi è caduto dalla luna. Sulla vicenda infatti c'è una grandissima responsabilità della sinistra italiana che da sempre domina Siena». Insomma, «il Pd tolga le mani dal Monte: noi vorremmo che la Fondazione continuasse a essere presente, ma che non fosse più nel pieno controllo degli enti locali, che sono sempre stati dello stesso colore politico». Per il futuro servono «più controlli».
Da Francoforte Mario Draghi chiede più o meno la stessa cosa. «Maggiori poteri all'autorità di vigilanza avrebbero aiutato. Le banche centrali dovrebbero avere la facoltà di rimuovere i manager, quando necessario». Invece non è così e, in questa situazione, Bankitalia ha fatto quello che doveva, e lo ha fatto presto e bene. «Un rapporto dettagliato dimostra che ha agito in modo corretto. E il Fondo monetario internazionale ha dichiarato pubblicamente che l'azione nei confronti del Monte dei Paschi di Siena è stata tempestiva e appropriata». Queste le carte, dice Draghi, tutto il resto «sono chiacchiere da campagna elettorale».

Incoronato «vincitore del giorno» sul caso Mps dalla tedesca Bild, il presidente della Bce non fatica troppo a difendere Via Nazionale. «Io stesso - ricorda - ho firmato le due ispezioni». Di più la vigilanza di Palazzo Koch non poteva ottenere: «Se aveste dei dubbi in proposito, c'è il rapporto del team di valutazione finanziaria del Fmi, che, in quel contesto, ha accertato che la Banca d'Italia ha agito in modo tempestivo e appropriato, nei limiti delle sue competenze legali, per affrontare i problemi di Mps». E del resto «gli organismi interni non hanno poteri di intervento politico o giudiziario».

E attenzione, perché «il caso Mps non è risolto per niente» e il pericolo di contagio è ancora grave. Per fermarlo, occorre «un meccanismo di risoluzione», cioè una gestione ordinata dei fallimenti bancari, accompagnato da un'armonizzazione delle leggi europee. Questo non vuol dire che per il Monte serva una «risoluzione», anzi.

Ora toccherà alla banca senese «portare avanti il programma di ristrutturazione, ritornando in salute e in grado di generare profitti». Magari senza più derivati, contro quali la Ue darà un giro di vite. «A metà marzo - annuncia il commissario europeo per il mercato interno Michel Barnier - entreranno in vigore le nuove regole».

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