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Pisa contro Firenze: derby di sfottò premier-sindaco

Il rottamatore alza ancora i toni del conflitto in maggioranza. E nel Pd si spiano tra di loro in vista del voto al Senato sul Cav

Pisa contro Firenze: derby di sfottò premier-sindaco

«Primi spaventosi effetti della nube atomia: è nato un pisano furbo! Stupore ner mondo, sgomento 'n Toscana». La battuta non è del battutista fiorentino Renzi ma del livornese Il Vernacoliere. Lo stesso foglio satirico che agli esordi del governo di Enrico Letta, nato a Pisa, si era chiesto scherzando (ma mica troppo): «Che razza di popolo è quello che tollera un pisano alla guida del proprio paese?». Per avere un'alternativa a sinistra, ai livornesi e agli altri campanili toscani, in perenne guerra tra loro, tocca guardare a Firenze, e non è detto che riesca più gradito (sempre il Vernacoliere all'epoca delle primarie titolò «Sfida Renzi-Bersani: Pipiritto contro Pallemosce. La base: Ma 'r buo è sempre 'r nostro!»). Il campanilismo italiano, che in Toscana raggiunge vette inarrivabili (di che provincia sarà la mano che al cartello di «Pisak», cittadina turistica della Croazia, ha aggiunto un «Merdak»?) entra di diritto nel congresso Pd. Perché nell'infinito travaglio dei democrat c'è anche questo spostamento geografico: l'epicentro è passato dall'Emilia-Romagna di Bersani (Piacenza), Franceschini (Ferrara) e prima Prodi (Bologna), alla Toscana del derby tra il pisano Letta e il fiorentino Renzi. Con annessa rivalità campanilistica, parallela alla competizione per leadership e premiership tra i due.

Renzi rinfaccia a Letta di essere «attaccato alla seggiola», Letta risponde di odiare «la politica fatta di battute» alla Renzi, e il bisticcio si tinge subito di regionalismo. «Sono toscano della Toscana buona» dice il premier a Caorle, alludendo alla sobrietà dei pisani («grettezza» dicono gli altri) rispetto ai più irruenti e feroci corregionali. A partire dai fiorentini come Renzi, e a cominciare da Dante Alighieri, che nell'Inferno definisce Pisa «vituperio delle genti», augurandogli il peggio («Muovasi la Capraia e la Gorgona / e faccin siepe ad Arno in su la foce / sì ch'elli anneghi in te ogni persona»). Letta l'ha ricordato alla sua platea, il fiorentino «Dante ce l'aveva con i pisani, ne ha fatte loro di tutti i colori», aggiungendo poi però che «c'era un poeta pisano, il Fucini, che di Dante diceva: “Quel lecchino...”».

Per ora tocca al fiorentino Renzi, spina nel fianco del premier, sopportare i pisani all'uscio di Palazzo Chigi; non solo Letta, anche il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza è di Pisa, e un piede da quelle parti ce l'ha anche Amato (anche se dopo la nomina alla Consulta ha dovuto lasciare la presidenza della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa). La rivalità Firenze-Pisa torna di continuo nel rapporto Renzi-Letta, come sfottò via sms, ma non solo. Come quando il premier è andato a Firenze, a giugno, in visita ufficiale dal sindaco: «Renzi ha passato le ultime tre ore a mostrarmi le bellezze di Firenze e a sottolineare quanto siano superiori a quelle di Pisa - spiegherà Letta - Mi ha anche fatto vedere che la torre del Palazzo Vecchio ha 87 gradini, mentre quella di Pisa solo 57». «A Letta ho fatto vedere che qui a Firenze, noi, le torri le facciamo diritte» ha ribattuto Renzi. Motivo per cui Benigni, a cui il Rottamatore ha offerto piazza Santa Croce per la lectura Dantis, li ha sfottuti entrambi: «Letta e Renzi sono come i ragazzini: si misurano chi c'ha la torre più lunga». E poi al telefono con Renzi: «Ciao sindaco, sono a Pisa, col presidente Letta. Stiamo misurando la Torre e ti posso dire che e' di 94 centimetri più alta di quella di Palazzo Vecchio a Firenze».

E pensare che era cominciata bene. «Se qui, dal Salone dei Cinquecento, nel cuore della fiorentinità, facciamo il tifo per un pisano, allora tutto è possibile, anche un governo Pd-Pdl» disse Renzi quando Letta era ancora «premier incaricato». Poi, le dichiarazioni di lealtà di Renzi, sempre meno credibili anche se travestite da boutade: «A Letta riconosco grande equilibrio e straordinario europeismo. Un difetto? È pisano». E quindi Letta, dopo alcune azioni di sabotaggio di Renzi: «Chi pensa di spaccare il Pd tra un pisano e un fiorentino si sbaglia!». Su quale fazione scelgano gli altri campanili toscani è difficile dire. Il pistoiese Vauro li ha sistemati entrambi, anche se non sono di Prato (odiata da Pistoia, ricambiata). C'è il premier, in una vignetta, che si tocca per scongiurare la fine del governo, ma non può: «Ce la ha in mano lui...» (cioè Berlusconi). Renzi invece, dice Vauro, è nientemeno che «un pinocchio coi denti da topo».

Maledetti toscani.

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