Il pm e il pentito, dal Sud le "bestie nere" della Lega

I lumbàrd "rivedono" Papalia. Ugliola e Robledo hanno origini meridionali, il Carroccio si sente nel mirino

Il pm e il pentito, dal Sud le "bestie nere" della Lega

«E poi i magistrati, che danno retta a quel pugliese là...». Un complotto magari no, ma un mirino politico sì, quello la Lega se lo sente addosso. Con una nota folkloristica, da Lega delle origini: quelli che la accusano sono tutti meridionali (più frequentemente indicati come «terroni»). Il «pugliese là» è Michele Ugliola, architetto attivo nell’hinterland milanese ma originario di San Severo, Foggia. È lui il testimone chiave (da indagato già pluriarrestato) che ha rovinato il sonno a Davide Boni e a tutta la Lega Nord. Un personaggio poco attendibile, che durante Mani pulite ha fatto finire in carcere l’ex assessore Giovanni Terzi, poi assolto con formula piena perché le accuse erano tutte balle (in una bella intervista ad Affaritaliani Terzi dice tra l’altro: «Quella di Ugliola per me è una vicenda dolorosissima. In quella vicenda è morto mio padre, che si ammalò mentre io ero in carcere. Ugliola è un pasticcione che apre sempre talmente tanti filoni di inchiesta che finisce per salvarsi. Salva il suo culo tutte le volte»). Il filone leghista dell’inchiesta sulle mazzette del Pirellone si regge soprattutto sugli interrogatori di questo Ugliola.

Ma il teorema giudiziario-meridionale trova un altro protagonista nel procuratore aggiunto di Milano che sta guidando l’inchiesta sul presunto «sistema Lega-Pdl», e cioè Alfredo Robledo, milanese di natali campani. Un nemico del Carroccio solo per questo? Macché, solo battute leghiste per sciogliere la tensione di questi giorni. Certo, non sarebbe una novità.

Ci ricordiamo di Guido Papalia, procuratore di Brescia nato a Catania? Nel ’96 indagò per banda armata 45 leghisti (tra cui anche Bossi, Maroni, Borghezio, Calderoli, e poi Giampaolo Gobbo, segretario della Liga Veneta-Lega Nord e sindaco di Treviso, rinviato a giudizio per questo due anni fa), nel 2001 fece processare Flavo Tosi «per aver violato la legge Mancino ai danni di individui di etnia Rom e Sinti» e così via. Nel 2005 un corteo della Lega a Venezia, capitanato da Calderoli, scandì alcune valutazioni sul magistrato dalle origini non subalpine: «Papalia il tuo posto è in Turchia», «Papalia terrone il tuo posto è in Meridione», «Papalia il più terrone che ci sia». «Gran finale - ricordò Travaglio su Micromega - con falò di immaginarie sentenze e una finta lapide dedicata al procuratore». Con Robledo non si è neppure immaginata una cosa del genere, ma la storia non fa fatica a ripetersi. Certo, Robledo non è sicuramente un magistrato con simpatie berlusconian-leghiste, posto che ne esistano. Nell’ottobre scorso ha citato Silvio Berlusconi davanti al Tribunale di Brescia chiedendogli 500mila euro per le dichiarazioni che fece nel 2006 nell’ambito dell’inchiesta Mills. L’ex premier aveva parlato di «inerzia» della procura milanese, di «pervicace volontà accusatoria», di «uso politico della giustizia». Ma già tre anni fa Robledo aveva polemizzato pubblicamente con Berlusconi dopo che a Ballarò il Cavaliere aveva parlato di «toghe rosse». «Se le nostre toghe sono rosse, lo sono per il sangue versato dai magistrati» rispose il procuratore che ora indaga sul «sistema Pdl-Lega» in Lombardia.

Il nemico vero del Carroccio è però «il pugliese» Ugliola. «Vago, generico e per nulla circostanziato» il suo contributo testimoniale, scrissero i giudici nel 1996, nella sentenza con cui Ugliola patteggiò un anno e Terzi fu assolto. Il giudice fu colpito (racconta Panorama.

it) anche dall’italiano approssimativo di Ugliola, al punto da scrivere che «si può ben parlare dell’“ugliolese”, inteso quale neologismo sintomatico di particolare ambiguità espressiva». Ecco, sui racconti in lingua «ugliolese» si fonda l’inchiesta sulla presunta tangentopoli leghista...

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