Roma Travaglio e Di Pietro? E chi li conosce? I vecchi compagni di viaggio del procuratore di Palermo Antonio Ingroia finiscono qui l'avventura barricadera contro Giorgio Napolitano. Il gioco è bello quando dura poco. Il Presidente della Repubblica fa paura e, prima che sia troppo tardi, arriva il dietrofront a tutta pagina. In una lunga intervista al Corriere della sera Ingroia prende le distanze dall'ex pm e dal vicedirettore del Il Fatto Quotidiano e prova a riscrivere la vicenda del conflitto istituzionale nato a partire dalle indagini sulla trattativa Stato-mafia e dalle intercettazioni tra Napolitano e Mancino. «Il fatto che nella semplicistica lettura giornalistica - dichiara Ingroia - le vicende delle ultime settimane siano ridotte a uno scontro tra la Procura di Palermo e il Quirinale, e ancor più tra il sottoscritto e il presidente della Repubblica, non solo non mi piace, ma non corrisponde in alcun modo alla realtà».
C'è voglia di lasciarsi alle spalle una scomoda strumentalizzazione: «Mi pare sia sotto gli occhi di tutti che il legittimo conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale è stato strumentalizzato per attaccare apertamente la Procura di Palermo, è successo e succederà ancora, ma così però non si può lavorare. Come non mi sogno di immaginare che il Quirinale sia ispiratore o complice di chi ha usato il conflitto di attribuzione per attaccare la Procura di Palermo e fornire alibi a chi da tempo ci accusa delle peggiori nefandezze, vorrei che la Procura di Palermo non venisse ritenuta parte di un disegno finalizzato a colpire il Quirinale o qualcun altro». Ingroia, che fa sapere che di quei colloqui intercettati casualmente «nulla doveva uscire e nulla è uscito», si augura per l'autunno uno scenario di distensione quando «si attenderà serenamente il giudizio della Consulta».
Un'intervista che serve soprattutto per ribadire il rispetto per la prima carica dello Stato, per ricucire lo strappo. «In questi anni di aspre contrapposizioni il presidente Napolitano ha costituito un caposaldo di tenuta istituzionale che ha scongiurato passaggi politico-legislativi che avrebbero danneggiato in modo irreparabile l'assetto costituzionale e di equilibrio tra i diversi poteri dello Stato». Un caposaldo che stava rischiando di sbriciolarsi sotto i colpi di certe testate e di alcuni politici sanguigni. E qui l'affondo ai due ex compagni di merende: «Non ho alcuna intenzione di fare valutazioni politiche né su quello che scrive Il Fatto, i cui lettori comunque ringrazio per la solidarietà, tantomeno su ciò che dice l'onorevole Antonio Di Pietro. Soprattutto quando vedo e sento usare, da quelle testate e dai quei parlamentari, dei toni e delle espressioni che non sempre condivido e che non mi appartengono di certo!». Dunque, sembrerebbe una questione di toni. «Nella battaglia politica - conclude Ingroia - è tutto legittimo o quasi. L'importante è che ognuno faccia correttamente il proprio mestiere, e che chi ha responsabilità istituzionali non si muova per fare da sponda alle dichiarazioni o rivendicazioni politiche.
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