La politica del rinvio peggio del non fare

Il governo non può invertire le priorità, e cioè agitarsi sulla Costituzione e le riforme istituzionali mentre la gente sta alla canna del gas

La politica del rinvio peggio del non fare

Seriamente: no, l'Iva no. Se c'è una parola che adoriamo è «responsabilità». Se c'è una cosa a cui teniamo è la nostra buona fama all'estero sotto gli occhi superciliosi delle cancellerie. Altro non vogliamo che essere credibili: gente che mantiene la parola data. Il presidente Letta lo ripete spesso e noi lo approviamo. Quando si tratta di accettare una stretta creditizia da suicidio, chiniamo obbedienti la testa. Se ci chiedono di dare il buon esempio anche ai francesi in materia di pensioni, eccoci qui, pronti e rapidi.

Ma l'aumento dell'Iva è un'altra cosa. È il pane a tavola. È il carrello della spesa. È il ritorno alle penurie del dopoguerra: torneranno di questo passo il gozzo e le malattie da avitaminosi. Crescerà paradossalmente il numero degli obesi perché il pessimo cibo che ingrassa è più economico del cibo buono. L'aumento dell'Iva non colpirebbe (soltanto) i commercianti, ma i consumatori tutti. Frau Merkel osservandoci distrattamente dalla finestra della sua cancelleria non potrà dire come Maria Antonietta: «Non hanno pane? Perché non si abbuffano di brioche?» (anche sulle brioche grava la mannaia dell'Iva, c'è poco da scherzare).

Siamo però al solito punto: l'Europa ci guarda con quell'aria lì che sappiamo; e sappiamo anche che occorre spendere la buona fama di cui godiamo per chiedere tempo. Soltanto più tempo. Certificato: il minimo necessario perché il cavallo non muoia sotto le bastonate del rieducatore. Per ottenere questo risultato occorre una buona politica diplomatica, far prevalere il buon senso, riscuotere i frutti del prestigio e della serietà fin qui accumulati con merito. E lo stesso dicasi dell'Imu. La sospensione dell'Imu sta facendo uscire di testa milioni di italiani ai quali non è stato affatto detto che la tassa sulla prima casa è morta, da dimenticare, ma che quella tassa, come gli zombie, a volte ritorna. Siamo come quei malati sottoposti a chemioterapia e che si sentono dire: «Per ora il male è andato via, ma potrebbe tornare: ripassi fra sei mesi». Così noi: l'Imu sospesa significa che padri di famiglia e milioni di singoli con una casa di proprietà hanno finora accantonato la somma che avrebbero dovuto pagare a giugno, ma possono soltanto guardarla senza spenderla.

Nessuno può dire che il male è stato debellato perché la bestia è sempre in agguato, ma con l'aggravante del supplizio di Tantalo: come resistere a metter mano a quei soldi, ora che ci sono l'estate, le vacanze e già si fanno i conti per il ritorno a scuola? I talk show televisivi sono quasi sempre dominati dall'urlo politico di parte, ma quando sullo schermo mostrano la disperazione, la perdita della speranza, la paura del futuro immediato, e ormai anche la fame, la rabbia, i suicidi, i giovani disoccupati per sempre, gli sbalorditi esodati e i poveri, semplicemente i poveri, allora anche il più gaglioffo dei programmi, ti mozza il fiato per l'angoscia.

La gente sta male e sta sempre peggio ed è disperata perché non vede un domani. E proprio per metter mano a questo gigantesco e crescente problema sociale, a questa tragedia collettiva, è stato creato l'anomalo governo destra-sinistra: per mettere di nuovo il pane in tavola, per dare una speranza concreta a chi aspetta cose concrete, per fare, dannatamente fare qualcosa. Ma, come se il governo si vergognasse di queste sue umili origini - la nascita nella capanna della povertà e della disperazione -, si dà molte arie fingendo di essere nato per ben altri nobili scopi come riformare lo Stato, riscrivere la Costituzione, rifare l'Italia e già che ci siamo anche l'Europa (che ne avrebbe gran bisogno).

Ora i casi sono due, a nostro parere. O questo governo si ficca nella testa che è nato ed è tenuto in vita per invertire la rotta verso il baratro e dare immediate, concrete risposte alle tasche dei cittadini - come il blocco dell'Iva e la cancellazione dell'Imu - oppure non riesce a dare risposte coraggiose in economia quotidiana e finge di pensare ad altro, e in questo caso non è difficile prevedere un fallimento del governo e una sua caduta. Se l'esecutivo è in grado di dare risposte anche un po' geniali, un po' corsare, un po' rischiose alla decadenza e al collasso della società, allora - subito dopo e non prima - si potrà concedere qualche lusso stravagante come riscrivere un po' di Costituzione e fare le riforme che finora nessuno ha voluto fare.

Ma non può secondo noi invertire le priorità, e cioè agitarsi sulla Costituzione e le riforme istituzionali mentre la gente sta alla canna del gas, si suicida col fuoco, impazzisce e piange, con il crollo ulteriore del consumo dei generi di prima necessità. Una tale inversione, questa sì, darebbe al governo un'immagine furbastra, di chi mette una foglia di fico (istituzionale) al fallimento economico.
Dunque, orsù, un po' di coraggio: se diamo soltanto retta all'Europa perinde ac cadaver - sottomessi come un cadavere - seguendo alla lettera il manuale di istruzioni tedesco, manderemo il Paese a sbattere contro un palo liquidando la ragione sociale per cui questo governo è in carica, godendo di una discreta reputazione spendibile per far capire agli amici europei che l'Italia ha bisogno di più tempo, con tutte le carte in regola. Ma occorre uno scatto di reni: è arrivato il momento di dire, se occorre, un sereno no, col sorriso sulle labbra, purché gli occhi facciano capire che facciamo sul serio.

segue a pagina 3

di Paolo Guzzanti

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