Ma poter scegliere è segno di libertà

Nessuna etica può pretendere il primato sulle altre. E né la politica né la religione devono intromettersi

Franco Lucentini, scrittore, morto suicida. Mario Monicelli, regista cinematografico, morto suicida. Carlo Lizzani, regista cinematografico, recentemente morto suicida. E cito solo gli ultimi personaggi famosi che si sono tolti la vita. L'elenco sarebbe molto più lungo: da Pavese a Lucio Magri. Ma suppongo che bastino questi nomi a sollevare il problema: perché accade che qualcuno, della cui intelligenza non è lecito discutere, spesso decida di farla finita? Non esiste una risposta unica che spieghi ogni caso. Ma è certo che gli uomini e le donne che compiono il gran passo per darsi la morte sono mossi dalla sofferenza. Della quale bisogna avere rispetto e soprattutto comprensione.

Quelli che criticano i suicidi perché in contrasto colla loro morale, a mio modesto giudizio, sono privi di morale considerando la propria al di sopra di ogni altra. Chi l'ha detto? Chi stabilisce quale sia l'etica che meriti il primato? I cristiani sono fermamente convinti che la vita sia un dono di Dio e che soltanto Lui possa riprendersela. Costoro non hanno dubbi e non desideriamo fargliene venire. Sono credenti ed è assolutamente legittimo che abbiano una fede incrollabile.
Ciò che invece è incomprensibile è la loro pretesa di imporre a tutti, anche agli atei e agli agnostici, i principi ai quali si ispirano, tra cui l'idea che nessuno possa scegliere di tirare le cuoia volontariamente quando e come vuole e per i motivi che ritiene validi. Negare la libertà di vivere e di morire nei modi che preferisce un individuo, significa negargli il libero arbitrio, che pure è contemplato nei testi cosiddetti sacri. E qui c'è una contraddizione evidente.
Quando Lizzani, uscito di scena due giorni fa, sosteneva la necessità di introdurre nella nostra legislazione il diritto all'eutanasia non diceva una sciocchezza. Infatti, non gli passava neanche per la testa di affermare che a un certo punto si debbano eliminare per decreto i vecchi, notoriamente ingombranti: semplicemente intendeva dire che se uno è stanco di stare su questa terra, non lo si deve costringere a gettarsi dalla finestra o a spararsi, ma sarebbe opportuno che le strutture sanitarie lo aiutassero, in forma civile e non cruenta, a troncare le proprie tribolazioni (insindacabili).

L'eutanasia non è un obbligo, ma una facoltà che in altri Paesi, in cui lo Stato etico è superato dallo Stato liberale, è permessa e non ostacolata dalla religione. Un cristiano gradisce patire fino all'estremo, donando al Signore, in espiazione dei propri peccati, il sacrificio di sopportare il dolore? Chi glielo vieta? Non c'è laico che abbia la presunzione di deviarlo del suo proposito. Per par condicio, il miscredente esige di andare all'inferno o in paradiso o dove sarà con l'ausilio di un medico.

Al quale non si chiede di uccidere, ma di fornire al morituro l'indispensabile per «transitare». Un calmante e un bicchiere di liquido letale da ingerire sono sempre meglio di un salto nel vuoto o di un colpo di pistola. Almeno questo, cari credenti, concedetelo ai nostri simili che non ce la fanno più. Amen.

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