Il premier aumenta le tasse stavolta stanga le sigarette

S arà pure il destino di Telemaco, quello che il buon Zeus ha in grembo per Matteo Renzi, ma di frecce nell'arco di babbo se ne potranno mettere davvero pochine. E i Proci dunque resteranno a far bisboccia - a spese nostre, s'intende.
La performance all'Europarlamento - «carino, come un selfie» il sarcastico commento di Beppe Grillo - ha riscosso, in quanto prestazione d'immagine, ottima eco sulla stampa internazionale. A cominciare dall'International New York Times che vede nel nostro premier «un leader carismatico e riformista» che sfrutterà il Semestre europeo per «dare sollievo all'economia del suo Paese appesantita dal debito».
Però, in attesa di ciò che porterà il futuro, il presente del governo non è affatto roseo. Gli analisti di Mediobanca vedono subito dopo l'estate la possibilità (anzi, piuttosto l'inevitabilità) di una manovra da 10 miliardi di euro, «a causa della crescita più bassa». Il Pil viaggia sotto lo 0,8 per cento previsto dal governo, confermano gli esperti, «e queste sofferenze non verranno da sole, visto che nuove tasse e tagli alla spesa penalizzeranno ulteriormente la crescita. Le cose potrebbero dover peggiorare prima di poter migliorare». Una previsione che toglie frecce ai festeggiamenti.
Anche nell'immediato non c'è affatto trippa per gatti: il prossimo Consiglio dei ministri del 10 luglio varerà un decreto legislativo per «il riordino delle accise sui tabacchi». Fuor d'eufemismo, un classico rincaro di venti centesimi sulle sigarette di ogni ordine e grado (pare anche per quelle elettroniche), come nei peggiori governi Dc. L'ennesima tassazione indiretta, come quella sulla benzina, che colpisce tutti senza guardare allo stato patrimoniale del tartassato (in questo caso, già schiavo del fumo). Dunque non progressiva come Costituzione imporrebbe. Siamo sicuri che il nostro premier lo derubricherà a «prezioso incentivo per cambiar davvero verso alla lotta al tabagismo e al cancro». Ma l'aumento nasce dalla necessità di copertura del Decreto legge sulla cultura e segnala l'impossibilità di andare oltre il fondo del barile. Germania o non Germania.
Nel frattempo, va detto anche che Renzi ieri ha potuto incassare un risultato davvero prezioso (senza ironia, stavolta) dall'incontro di due ore con Silvio Berlusconi, tenuto nel salottino dell'appartamento privato del presidente del Consiglio, al terzo piano di Palazzo Chigi. Un caffè tra amici, a giudicare dai sorrisi e dall'esito che il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini (unico presente al colloquio, oltre a Denis Verdini e Gianni Letta) ha diramato urbi et orbi. Il patto del Nazareno è stato confermato in pieno, Renzi e Berlusconi si sono trovati d'accordo sulla non elezione diretta dei senatori e su tempi stretti per portare già prima dell'estate in Senato anche la legge elettorale (solo la questione delle preferenze è rimasta «tema aperto, da discutere con tutti»).
Un clima talmente sereno e disteso da far schiumare di rabbia coloro che avevano scommesso su come far saltare il banco. A saltare, invece, è stato il previsto incontro tra Renzi e grillini, con contorno di battibecchi, sospetti e dispetti. L'incontro alla fine ci sarà, ma lunedì alle 15. Non vi parteciperà Grillo.

«No, lunedì non andrò perché sono un emotivo... Capisco ciò cosa c'è dietro, non so se mi fido. Renzi è come Scajola: forse ci crede, ma è usato dai poteri forti». Rischia di sembrare quasi un complimento. A sua insaputa.

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