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Presidente della Camera e 007 Scatta l'indagine del Copasir

I rapporti non autorizzati di Fini con gli agenti segreti. Bocchino allora parlava di "servizi deviati" ma ora si scopre che le informazioni arrivarono solo ai futuristi

Presidente della Camera e 007 Scatta l'indagine del Copasir

Per Gianfranco Fini, la casa di Montecarlo è come il drappo rosso mosso davanti al muso del toro. Quando ne parla, perde il controllo e va a ruota libera. Scalcia. Carica a testa bassa. Spesso però finisce per pronunciare una parola in più del necessario, com'è accaduto venerdì sera a Otto e mezzo, quando ha rivelato che una barbafinta gli avrebbe soffiato all'orecchio che il documento del governo di Saint Lucia sulla casa di Montecarlo era un falso. Del pericoloso scivolone, Gianfranco dev'essersene accorto subito, tant'è che ha poi cercato di ridimensionare la «bomba», ma inutilmente.

Il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti ha deciso di indagare sulle sue dichiarazioni. Perché si muova il Copasir è facile intuirlo: i rapporti con le agenzie di intelligence e sicurezza sono di esclusiva competenza della presidenza del Consiglio, che li cura direttamente o attraverso l'autorità delegata (solitamente un sottosegretario o un viceministro). La legge che ha ridisegnato i rapporti tra Servizi segreti e politica (la 124/2007) sul punto è assai chiara: la norma non prevede in alcun modo che, a livello operativo, altre cariche istituzionali – né la presidenza della Camera, né quella del Senato, né singoli ministeri – possano mantenere canali aperti con gli 007.

Dunque, Fini da chi ha ricevuto la «soffiata»? A quale titolo poi Italo Bocchino ne ha fatto menzione in tv? Perché, per sapere dove andasse a parare una inchiesta giornalistica sulla sua famiglia e sul patrimonio immobiliare del suo ex partito, Fini ha interessato addirittura «qualche amico» dell'intelligence o, comunque, non ha impedito che se ne occupasse? Domande che il Copasir, nei prossimi giorni, rivolgerà al presidente della Camera con una lettera ufficiale, in vista di una eventuale convocazione. Probabilmente, nella foga di manganellare Berlusconi con la sgrammaticata e delirante lettera di Lavitola, per liberarsi del fantasma della contessa Colleoni che da due anni lo perseguita, Fini deve aver dimenticato quel minimo di precauzione che il ruolo e l'esperienza gli imporrebbero. E non solo perché, con quanto detto in tv, Fini ammette di essere a conoscenza che, durante l'estate di Montecarlo, c'è stato un singolo o un gruppo di soggetti, appartenenti ai servizi segreti, che hanno violato la legge, scavalcando il premier, per riferire a lui fatti e indiscrezioni relativi a uno scandalo che non aveva nulla a che vedere con i compiti d'istituto delle agenzie di intelligence; ma anche e soprattutto perché demolisce, con una sola carica di tritolo, le acrobazie fatte dai colonnelli di Fli per convincere, con risultati assai scarsi, a dire il vero – l'opinione pubblica che l'inchiesta sulla casa di Montecarlo fosse manovrata dai servizi segreti, controllati – guarda caso – da Berlusconi.

Ora che gli 007 li tira in ballo lui come suoi «alleati» (signor presidente, ma li possiamo chiamare «deviati» o no questi suoi amici dell'intelligence?) che cosa diranno i vari Briguglio e Bocchino che hanno denunciato in Parlamento di essere stati pedinati e spiati dalle barbefinte sguinzagliate dal Cav (quando, in realtà, proprio Bocchino è stato fotografato in amichevole compagnia di un alto funzionario del Sismi sotto processo per il rapimento di Abu Omar)? Che cosa s'inventeranno ora? D'altronde, l'inventiva non manca: per instillare il dubbio che dietro l'inchiesta sulla casa di Montecarlo ci fosse la mano di James Bond, Briguglio arrivò addirittura a consultare l'albero genealogico di un giornalista di questo quotidiano, autore di alcuni articoli su Fini e l'appartamento di Giancarlino, per chiedere conferma se fosse parente di un ex direttore del Sisde. Tutta fatica sprecata.

Per sapere con chi parlassero i servizi – che, in questa storia, ci entrano la prima volta con un lancio d'agenzia del Velino, seccamente smentito dal Dipartimento per l'informazione – bastava chiamare il Capo.

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