Prodi e l'assegno da San Marino che i magistrati hanno ignorato

La vendita di una casa dell'ex premier finì nel mirino della Finanza. Il denaro veniva dalla Banca del Titano, poi fallita. Ma i pm non indagarono

Prodi e l'assegno da San Marino che i magistrati hanno ignorato

Una segnalazione del Nu­cleo valutario rimasta in un cassetto per quat­tro anni e mezzo. Oggi che l’in­chiesta è finita scopriamo che i militari delle Fiamme gialle avevano trasmesso alla procu­ra di Roma i dati relativi ad una compravendita immobiliare effettuata da Romano Prodi. Un’operazione lecita ma che presentava un peccato origina­le per investigatori accorti co­me gli specialisti della Guardia di finanza: i soldi arrivavano da San Marino e dalla Banca del Ti­tano, poi fallita, e dunque inte­ressavano ai segugi che stava­no appunto studiando i misteri e gli illeciti di una finanziaria sanmamrinese. Peccato che quello spunto in­vest­igativo non sia mai stato svi­luppato. Ci sono gli appunti del­l’epoca e nulla più. I soliti so­spetti. E le precisazioni del fon­datore dell’Ulivo che al Corrie­re della Sera dice: «Nessun mi­stero ». Solo una transazione normalissima, come mille al­tre: è il 2004 e Prodi vende un ap­partamento a Bologna, in Stra­da Maggiore. Il prezzo pattuito è di 550mila euro. A comprare è Cassio Morselli e Morselli ver­sa il dovuto con un assegno, in­cassato dall’allora presidente della Commissione europea preso la Banca Antoniana Po­polare Veneta di Bologna.
Rou­tine .

A parte il nome che ovvia­mente colpisce di Romano Pro­di. Il passaggio che però incu­riosisce i militari è quello prece­dente: i soldi sono partiti dalla Banca del Titano e hanno fatto tappa alla Bnl di Bologna. E allo­ra le Fiamme Gialle, alle prese con gli affari sporchi gestiti dal­le finanziarie di San Marino, fanno due più due: il caso po­trebbe meritare un approfondi­mento. Ci sono gli spostamenti del capitale, gestito da Morsel­li; e poi c’è quel nome così in­gombrante: Romano Prodi.
A Milano, ai tempi di Mani pulite, avrebbero probabil­mente scandagliato in lungo e in largo tuta la vicenda nei suoi molteplici risvolti, così da sgombrare il campo da ogni equivoco. E invece no: la Procu­ra di Roma riceve la segnalazio­ne ma la lascia cadere nel nul­la. Del resto l’affare risulta per­fettamente lecito e non si vedo­no reati all’orizzonte. Oltretut­to l’indagine è già di per sé va­stissima e deve rincorrere mol­te operazioni di riciclaggio. Un lavoraccio. Prodi, almeno alla procura di Roma, cade nel di­menticatoio. Finché, a distan­za di tanto tempo,
l’indagine ar­riva alla conclusione e si sco­pre quell’appunto dimentica­to. L’ex premier risponde sera­fico: «Ricevetti quell’assegno dal signor Morselli, che cono­scevo e al quale avevo ceduto un appartamento».

Nessun giallo, dunque. Qual­che dubbio però resta. A voler essere perfidi c’era materiale sufficiente per cominciare un’esplorazione,una delle tan­te compiute in questi anni dal­la magistratura italiana: San Marino è una location sui gene­ris , quasi naturalmente sospet­ta­sulla prima linea dei finanzia­menti illeciti, dell’evasione fi­scale, del riciclaggio. Tutti dos­si­er aperti sui tavoli delle Fiam­me gialle. Invece nessuno è an­dato a sollevare il coperchio o a sviscerare i rapporti fra il presi­dente del traballante istituto di credito e il professore bologne­se, peraltro da sempre buon amico della piccola repubblica con vista sull’Adriatico. Anche per ragioni geografiche l’emi­liano Prodi ha sempre avuto ot­time entrature sul Monte Tita­no e sul Titano erano presenti molte aziende di quelle parteci­pazioni statali che l’ex presi­dente del Consiglio ben cono­sce per essere stato, in due suc­cessive tornate, fra il 1982 e il 1994, a capo di quel colosso chiamato Iri.

La storia invece finisce pri­ma ancora di cominciare.

Pro­di non ha mai saputo nulla del­l’informativa e dei ragiona­menti dei militari e solo ora ri­costruisce quel che avvenne nell’ormai lontano 2004:«È sta­to fatto tutto alla luce del sole, alla presenza di un notaio. Chiunque può verificare». La magistratura, però, non l’ha fa­to.

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