da Roma
«Niente censure», giura Ricardo Franco Levi tra le proteste generali, nessun controllo di Stato su internet. «Il governo - spiega il sottosegretario alla presidenza - non ha alcuna intenzione di tappare la bocca alla rete, non ne avrebbe neppure il potere. Ha soltanto varato un disegno di legge per mettere ordine al settore. Una cosa è un ragazzo che apre un sito, un’altra chi pubblica un vero prodotto editoriale». Bavagli forse, no, ma intanto bolli, carte, registri, comunicazioni al Garante delle comunicazioni: In una parola: tasse.
Ovviamente è Beppe Grillo a guidare il fronte degli scontenti. «Palazzo Chigi ha approvato un testo per tappare la bocca a internet e nessun ministro in Cdm si è dissociato. La prova? La legge Prodi-Levi prevede che chiunque abbia un sito debba metterlo sul Roc dell’autorità delle comunicazioni, produrre certificati e pagare soldi anche se non lo fa a fini di lucro. Il 99 per cento del blog chiuderebbe. Il restante 1% risponderebbe, in caso di reato, di omesso controllo e incapperebbe negli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica, galera sicura. Se questa legge passa, sarà la fine della Rete in Italia. Io sarò costretto a trasferirmi in un Paese democratico».
Levi prova a smorzare: «Noi vogliamo creare le condizioni per un mercato libero, aperto e organizzato. Censure? Controlli dall’alto? Macché. Infatti il testo prevede l’abolizione della registrazione presso i tribunali, fino ad oggi obbligatoria per qualsiasi pubblicazione, e sostituirla con una più semplice notifica presso il registro degli operatori della comunicazione tenuto dall’Agicom». Insomma, sostiene il sottosegretario, «lo spirito della legge è chiaro: quando prevediamo la registrazione non pensiamo al ragazzo che realizza un proprio sito, ma chi attraverso internet fa informazione». Certo, ammette, «siamo consapevoli che il confine è sottile e non facile da definire, ed è per questo che ci affidiamo al garante». Ma il blog di Grillo, che fine farà? «Ecco, non spetterà al governo deciderlo».
Rassicurazioni non riescono a fermare le polemiche, che arrivano soprattutto da sinistra. Antonio Di Pietro minaccia la crisi di governo. «Sto ricevendo centinaia di mail allarmate. Hanno ragione, è un disegno di legge liberticida che deve essere immediatamente bloccato. Per quel che ci riguarda non passerà mai, anche a costo di uscire dalla maggioranza». Pietro Folena, Prc, presidente della commissione Cultura della Camera, chiede che la proposta venga chiarita meglio: «Chi apre un blog non può essere considerato un editore». Roberto Villetti, capogruppo Rosa nel pugno è «contrario a tutto ciò che porta alla restrizione della libertà nella rete». Alfonso Pecoraro Scanio annuncia che i Verdi «presenteranno degli emendamenti contro l’obbligo di registrazione». Willer Bordon grida «no al bavaglio dei siti».
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