Pronto al braccio di ferro per stanare il Pd

Il Cav è convinto che Renzi non abbia i numeri per lanciare diktat. Lo sfogo della Boschi: "Noi divisi? Da che pulpito..."

Pronto al braccio di ferro per stanare il Pd

«Renzi non ha capito: le riforme senza di me non le fa». Questo il pensiero berlusconiano che trapela anche nell'ultima diatriba Boschi-Toti. Il ministro renzianissimo delle Riforme, Maria Elena Boschi, è tornata a chiudere la porta sulla modifica della riforma del Senato aggiungendo, sprezzante, che Forza Italia avrebbe dovuto risolvere i propri problemi interni. Non solo: qualora il Cavaliere si fosse sfilato, poco male: «I numeri per andare avanti ci sarebbero comunque». «Divisi noi? Da che pulpito...» è lo sfogo di Berlusconi. Il quale, nel merito, lascia parlare il consigliere Giovanni Toti: «Boschi dice che il Pd sarà compatto? Forse il ministro era all'estero nei giorni scorsi e non ha visto tv o letto giornali». In effetti al Nazareno bivacca un esercito tutt'altro che unito e pullulano ancora i dissidenti, seppur più o meno in sonno. È il punto di forza del Cavaliere, determinato a voler fondare la terza Repubblica ma non a costi quel che costi. Ossia che le regole siano condivise e che il premier non faccia di testa sua imponendo una riforma sballata col metodo del «prendere o lasciare». Pacificazione nazionale, bipolarismo e presidenzialismo o premierato restano i fari per Berlusconi. Ma se Renzi dovesse tirare troppo la corda, il Cavaliere sarebbe disposto a mollare. È un braccio di ferro a distanza, destinato a durare mesi. Anche perché, ad Arcore, si valuta che Renzi stia bluffando quando ostenta tutta questa sicumera sui numeri.
«Berlusconi è lucido e determinato. Sta meglio sia fisicamente sia psicologicamente», giurano i suoi. Ad Arcore pare abbia ripreso a fare qualche camminata senza stampelle e l'umore non pare dei peggiori. Certo, la spada di Damocle della decisione dei giudici sull'esecuzione della pena - servizi sociali o arresti domiciliari - è a tratti insopportabile. E l'attesa è snervante. Giudicate entrambe le opzioni assurde, il Cavaliere non può far altro che aspettare il giudizio dei giudici. E da Arcore viene bollata come «irrilevante» la tempistica. «Il 10 aprile o più tardi, magari dopo il 15 quando le liste saranno già depositate? In fondo che importanza ha?», è il pensiero di un Cavaliere mai domo. Difficile sapere adesso come e quando potrebbe reagire l'ex premier alla decisione dei magistrati. Fallo di reazione o meno, Berlusconi continua a denunciare di essere vittima di una profonda ingiustizia. Ed è tornato a parlare di «dittatura giudiziaria di sinistra». Certo, il Cavaliere vorrebbe gridarlo in tutte le sedi opportune, televisioni in testa. Per ora, tuttavia, si limita a dirlo ai suoi attraverso periodiche telefonate in occasione delle tante manifestazioni dei club Forza Silvio.

E viene smentita pure la voce che l'ex premier avrebbe già registrato dei videomessaggi da mandare in onda qualora i giudici scegliessero per il bavaglio più rigido con gli arresti domiciliari.
Nell'attesa il Cavaliere lima le liste per le elezioni europee, ora in dirittura d'arrivo. Con l'occhio sempre puntato al rinnovamento degli azzurri, magari a scapito di molti big di partito.

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