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Quel patto in Senato per far fuori il Cav

Larghe intese alla prova. Naturalmente, l'oggetto della contesa, anzi della doppia battaglia, è sempre e solo lui, Silvio Berlusconi. Oggi i grillini e parte del Pd potrebbero votare l'ineleggibilità e dare l'ok ad altri due processi

Quel patto in Senato per far fuori il Cav

Larghe intese alla prova. E prove di maggioranze variabili. Si comincia a sentire il mal di mare in giunta, anzi nelle giunte di Camera e Senato dove, fra oggi e domani, potrebbero esplodere alcune bombe piazzate dai grillini sulla strada del governo Letta. Naturalmente, l'oggetto della contesa, anzi della doppia battaglia, è sempre e solo lui, Silvio Berlusconi. Esposto a Montecitorio al possibile scongelamento di alcuni procedimenti aperti per diffamazione e a Palazzo Madama all'uso di quell'arma finale chiamata ineleggibilità. Temi spinosi, sbandierati apposta dalle truppe grilline per solleticare e spaccare il Pd: tutti si chiedono infatti come si comporteranno i parlamentari democratici seduti ai due tavoli.

Siamo davanti a un nodo dal cui scioglimento dipende la durata di questo esecutivo. Il Pd di lotta e di governo, il Pd che mal digerisce il Caimano, il Pd che aveva giurato mai a Palazzo Chigi con il Cavaliere, il Pd, frastornato da cambi di linea e franchi tiratori, ha infine scelto una soluzione d'emergenza, sposando un governo guidato da Enrico Letta e dall'arcinemico Angelino Alfano, luogotenente del Cavaliere. Ma non è detto che i franchi tiratori, che già hanno impallinato Franco Marini e Romano Prodi nella corsa al Quirinale, non tornino a colpire il fondatore del Pdl e a mandare in crisi i difficili equilibri di questa maggioranza trasversale. La tentazione grillina è sempre più forte su parte dell'apparato e della pancia del partito.

Troppo ghiotte le occasioni sul piatto. Domani si riunirà dunque la giunta per le autorizzazioni a procedere guidata da Ignazio La Russa e subito dovrà esaminare due procedimenti pendenti contro il Cavaliere per diffamazione: il primo per le parole pronunciate da Berlusconi nel 2006 contro il Pm del caso Mills Alfredo Robledo; il secondo per le frasi rivolte contro l'ex presidente della regione Sardegna Renato Soru nel 2009. Quelle dichiarazioni sono insindacabili oppure no? Insomma, i giudici possono andare avanti o devono fermarsi rispettando l'autonomia della Camera e dei suoi componenti?
Al Senato, invece, bolle l'ineleggibilità del Cavaliere, cavallo di battaglia storico della sinistra radical chic e nuovo strumento di lotta dei grillini. «Ci riuniremo oggi - spiega Carlo Giovanardi del Pdl, uno dei 23 membri della giunta per le elezioni - e nomineremo il presidente, che spetta all'opposizione, probabilmente alla Lega, i due vicepresidenti e i due segretari. Poi, nelle prossime riunioni, affronteremo i temi all'ordine del giorno». Anche l'ineleggibilità del Cavaliere? Chi la sostiene invoca una legge del 1957 sui concessionari di servizi pubblici, ma il Pd e i suoi antenati in queste lunghe legislature, dal '94 in poi, non hanno mai sollevato l'obiezione. Andranno ora al traino di Grillo? «Per me Berlusconi è incandidabile - afferma il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda - io la penso così, però non faccio parte della giunta». Anzi, nelle scorse settimane generali e colonnelli democratici si sono affrettati a spegnere l'incendio appiccato da Zanda con le sue tesi. Ma questa mossa non è una garanzia sufficiente per il futuro. E allora si naviga a vista. Giorno dopo giorno. «L'incandidabilità del Cavaliere? Deciderà la giunta», risponde prudente il neosegretario del Pd Guglielmo Epifani. Dall'altra parte del'emiciclo Renato Schifani, una delle più autorevoli voci del centrodestra, mette le mani avanti in un'intervista alla Stampa: «Spero che in giunta non si eccepisca su qualcuno.

In caso di maggioranze variabili la pazienza verrebbe meno».

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