Quella faida nel Ppe dietro le ironie su Berlusconia Bruxelles »

RomaMancanza di savoir faire, cadute di stile, commenti irridenti. A Silvio Berlusconi viene impedito dai magistrati di Milano di partecipare al vertice del Partito popolare europeo, nel castello di Meise. E il giorno successivo compaiono alcune ricostruzioni giornalistiche che raccontano del «sollievo», vero o presunto, mostrato da alcuni protagonisti. Angela Merkel, ad esempio, viene descritta come «felice» di non vedere il leader italiano. Anzi si aggiunge che la Cancelliera farebbe volentieri a meno di avere Forza Italia all'interno della famiglia dei popolari. C'è anche il sarcasmo dell'ex premier del Lussemburgo, Jean Claude Juncker: «Non sapevo che Berlusconi non avesse più i documenti, lo conoscevo ai tempi in cui aveva il passaporto...».
Nella realtà, e al netto dei wishful thinking giornalistici, le cose stanno diversamente. Di fatto, nella riunione, la questione della scissione del Pdl non viene minimamente affrontata. Così come il tema dell'assenza forzata di Berlusconi viene sollevato esclusivamente da alcuni giornalisti italiani, con alcune domande ad hoc poste all'uscita. I temi su cui si soffermano i rappresentanti del Ppe sono due: l'unione bancaria e le candidature per la presidenza del Consiglio europeo, visto che i popolari rischiano di arrivare al congresso di Dublino con sei candidati-capolista alle elezioni (dovrebbero essere il premier irlandese Enda Kenny, Juncker, il primo ministro finlandese Jyrki Katainen, il commissario per il Mercato interno Michel Barnier, il direttore Fmi, Christine Lagarde e il premier polacco Donald Tusk). Una moltiplicazione che rischia di spaccare la famiglia popolare in mille rivoli e che Joseph Daul vorrebbe a tutti i costi evitare, portando i candidati a un massimo di due. Totalmente infondata, poi, la voce sulla possibile esclusione di Forza Italia. In questo momento la famiglia popolare non può permettersi di imporre particolari selezioni all'ingresso, anzi qualcuno teme addirittura che possa essere il partito di Berlusconi a scegliere di aderire ad altre «famiglie» (ipotesi, questa, del tutto inesistente). Funzionari di Bruxelles spiegano che la linea del Ppe è quella di Helmut Kohl, ovvero chiunque è contro il Pse sta con noi. Anche perché il voto di maggio lascia prefigurare un risultato in bilico e una egemonia popolare a rischio.
«La questione Forza Italia fuori dal Ppe non esiste, è una fantasia giornalistica. Peraltro dopo l'esperienza di Monti sono tutti molto più cauti nel giudicare le nostre vicende» spiega l'europarlamentare di Fi, Elisabetta Gardini. «Evitano di esporsi e di entrare troppo nel merito. Fanno fatica a comprendere le divisioni interne al campo dei moderati essendo tarati su modelli spesso bipartitici. Di sicuro molti dentro il Ppe hanno la percezione che alle elezioni bisognerà fare i conti con una potente ondata di euroscetticismo. Il pericolo di perdere la supremazia nel prossimo Parlamento c'è ed è sentito». Della presunta ostilità verso Forza Italia anche Lara Comi non ravvisa traccia. «Innanzitutto bisogna rimarcare che la magistratura italiana ha perso un'occasione per dimostrare che non c'è accanimento verso il cittadino Berlusconi.

In secondo luogo non credo proprio che il Ppe voglia sollevare qualsiasi tipo di obiezione verso un partito importante, che ne incarna i valori ed è di gran lunga la forza di maggior peso nel campo dei moderati italiani. Anche perché nonostante la confusione fatta da alcuni, Fi non è un partito euroscettico ma eurocritico. Ed è nell'interesse del Ppe ascoltare e accogliere i nostri rilievi».

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