Roma - Non è la prima volta che Beppe Grillo si trova a fronteggiare accuse di evasione fiscale. Avvenne nell'agosto di due anni fa quando Giovanni Guerisoli, fondatore della Rete del Sociale e del Lavoro del Pd e fino al 2002 segretario amministrativo della Cisl, durante La Zanzara affermò di avergli consegnato 10 milioni di vecchie lire cash, senza fattura, per un intervento durante un comizio della Cisl. Dopo le minacce di querela, fu la Cisl stessa a smentire la circostanza con tanto di scuse di Raffaele Bonanni che mostrò le ricevute dei pagamenti. La casistica, però, non si chiude qui perché c'è anche l'affondo, pubblicato dal Secolo XIX due anni fa in un pezzo di Renato Tortarolo, dell'impresario Lello Liguori che ebbe a che fare con Grillo nel corso della sua vita pre-politica.
Al netto delle accuse, vere o presunte, muoversi nella giungla delle prese di posizione grilline sull'argomento fisco non è cosa facile. Sono tante le «versioni di Beppe» in merito alla lotta all'evasione fiscale. Ci sono gli attacchi fustigatori alla «categoria» di chi pratica il nero, soprattutto sotto forma di anatemi contro i singoli, presunti colpevoli. «Sono contro l'evasione fiscale e ritengo che gli evasori vadano perseguiti, in particolare i grandi evasori». Ma ci sono anche gli affondi contro Equitalia, la solidarietà verso i cittadini vessati e soggetti a carichi fiscali insostenibili. O perfino il post dei suoi parlamentari a favore di un commerciante calabrese che ha portato il registratore di cassa fuori dal negozio e non emette più scontrini, offrendo ai suoi clienti uno sconto del 21%.
Grillo animale politico, evidentemente, non vuole affondare troppo il colpo sull'argomento fiscale. Così la sua è una continua oscillazione su un filo sottile, sul terreno di confine tra la caccia alle streghe e la solidarietà all'evasore di necessità.
L'ultimo caso bagnato dal clamore mediatico è quello firmato da Luigi Di Maio contro Renato Soru, patron di Tiscali, candidato Pd alle Europee, e secondo il parlamentare «evasore fiscale plurimilionario in paradisi fiscali». Parole che gli sono valse un annuncio di querela da parte dell'industriale sardo.
«Ho dato mandato ai miei legali di sporgere querela per diffamazione nei confronti del vicepresidente della Camera». Il messaggio, però, non va quasi mai in un'unica direzione. Perché mentre andava in scena questo botta e risposta, Grillo a Padova vestiva l'abito ribelle e proponeva di «abolire l'Agenzia delle Entrate e darla in mano ai cittadini».
In questo continuo saliscendi retorico, il leader pentastellato da Treviso chiede di «mandare il fisco a casa dei politici», riprendendo il tormentone per lui più naturale: quello dell'anticasta.
E si concentra su alcuni grandi bersagli. Nei mesi scorsi aveva messo nel mirino il capo dello Stato: «Napolitano è contro l'evasione. Però firmò senza batter ciglio la legge sullo scudo fiscale che favorì gli evasori».
E naturalmente Silvio Berlusconi, «santo protettore degli evasori fiscali».
Nel contempo, però, Grillo punta il dito anche contro lo Stato, «un lupo che ha una fame insaziabile. Bisogna metterlo a dieta, abolire il redditometro, abolire Equitalia, ripristinare un rapporto di eguaglianza tra Stato e contribuente».
E ancora: «Vorrei integrare la proposta del redditometro con il politometro, uno strumento che valuti la differenza tra ricchezza posseduta dai politici e dai funzionari pubblici dall'atto della loro nomina nell'arco degli ultimi vent'anni».
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