Quelle madri moderne così forti ma così fragili

C i lasciamo alle spalle la settimana nera della furia materna. Daniela scopre che il marito la tradisce e la vuole lasciare e invece di ucciderlo in preda alla rabbia, scappa da casa portandosi dietro il figlio Carmine. Guida in balia delle emozioni e quando non regge più l'energia negativa dei suoi pensieri si ferma e massacra il bambino. Si chiama sindrome di Medea, il figlicidio attuato per «vendetta del coniuge». L'aggressività si sposta dall'oggetto effettivo di risentimento, il marito, verso il figlio, meno forte e indifeso, il frutto di quell'unione. Una gelosia e una possessività che hanno portato Daniela al delirio di onnipotenza, trasformandola in giudice di vita e di morte. Un crimine impensabile che i giudici stabiliranno se è da ascrivere o no alla follia di questa mamma assassina. A Napoli Chiara è stata salvata dalla polizia dopo che per 8 anni era stata tenuta segregata in casa dalla madre. L'insegnante in pensione sostiene che fosse la figlia a non voler varcare la porta di casa, peccato però, che le forze dell'ordine abbiano trovato l'uscio chiuso dall'esterno e a possedere le chiavi della prigione fosse proprio la cara mammina ora agli arresti.
Vorremmo poter distogliere lo sguardo per non vedere tanta crudeltà e continuare a immaginare la madre per com'è nella mente di tutti noi, la grande madre, descritta da Jung come l'archetipo della pietà e della misericordia. Colei che nutre e dalla quale pian piano ci separiamo continuando per sempre a sentire quella vicinanza rassicurante che ci dà la forza di esplorare con sicurezza un mondo esterno a volte minaccioso. Lo stesso Jung aveva descritto però la duplice natura di quest'archetipo, da una parte la madre amorosa, dall'altra quella depressa di cui il figlio deve prendersi cura, quella narcisista che non ha mai tempo per il suo bambino e quella cattiva, mentalmente sana, che piena di frustrazioni per quello che ritiene la vita non gli abbia dato, maltratta il piccolo con violenze psicologiche e fisiche che possono spingersi fino all'infanticidio. Una brutalità sempre esistita, anche se la retorica della mamma perfetta tutela la figura materna da analisi approfondite. Le ragioni per cui la violenza scaturisce sono cambiate. Mentre ieri si trattava di fenomeni legati al degrado, oggi, la violenza, non risparmia nessuna classe sociale e nelle famiglie nucleari, dove la maternità non è più assistita dalla famiglia allargata, la donna è lasciata sola sotto il peso della cura dei figli. La cultura imperante pretende che sia anche una riuscita professionista e magari sfoggi muscoli da culturista. Cambiamenti culturali dai quali possono scaturire atrocità che fanno paura ma che non devono distogliere dal dato più vero e reale. Escludendo questi casi particolari e rari, le donne delinquono molto meno degli uomini. La loro percentuale sul totale dei denunciati si attesta tra il 13 e il 17% e si abbassa ulteriormente per i reati più gravi, quale l'omicidio, tra il 5 e il 7%.

Le donne uccidono quando un evento sconvolge il loro mondo familiare ed emozionale in modo definitivo, l'uomo si lega a una criminalità che il più delle volte è soltanto un mezzo per affermare se stesso e i suoi bisogni più materiali.
karenrubin67@hotmail.com

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