Il ragazzo, diplomato, aveva rifiutato un posto di lavoro in un call center

Il figlio diplomato che rifiuta il posto al call center, anche se a tempo determinato, non ha diritto a continuare a ricevere l'assegno di mantenimento dal padre separato. Lo ha stabilito la Corte d'appello di Catania, sezione famiglia, che con la sentenza 571 del 2014 ha confermato la decisione di primo grado respingendo il ricorso di 24enne che voleva ripristinato il «contributO» mensile del genitore. Dalla sentenza, riportata dal sito la legge per tutti, è stata pronunciata dal presidente Tommaso Francola, relatrice il giudice Rita Elvira Russo, emerge che anche un impiego precario, come quello in un call center, fa curriculum. Per cui il diplomato deve accettare offerte di tutti i tipi, purché dignitose e in linea con il proprio orientamento, pur di fare esperienza e migliorare la propria posizione. Almeno se vuol continuare ad essere mantenuto dal genitore. A ventiquattro anni e con il solo diploma rifiutare l'impiego precario e con basso reddito, perché a stento «ci copro le spese» non basta perché possa giustificare, al padre separato, la cessazione dall'obbligo di corrispondere l'assegno mensile di mantenimento. Se il figlio rifiuta di mantenersi da sè, non può pretendere che a farlo sia il genitore. Si può parlare, allora, in questi casi, di «inerzia colpevole». Secondo i giudici, il rifiuto di entrare al call center non è giustificato laddove, accettando l'offerta - si legge nella sentenza - il giovane può invece acquisire una pur minima esperienza lavorativa spendibile per ottenere un miglioramento della sua posizione o una collocazione migliore.
E a conferma della tesi degli «ermellini» arriva anche un'inchiesta sui lavoratori impiegati nei di call center che sono, sempre di più, giovani con un livello d'istruzione medio alto. A presentare l'identikit degli occupati nei call center è stato l'Istat nell'audizione in commissione Lavoro della Camera. Due terzi degli impiegati risultano diplomati, mentre più di un quinto ha un titolo universitario. Il settore negli ultimi 10 anni ha avuto «un rapido sviluppo», osserva l'Istituto di statistica. «Basti pensare che nel 2003 il comparto contava 935 imprese con circa 12.800 addetti e nel 2007 si è arrivati a 1.500 imprese e con meno di 32.000 addetti. Il 2008 segna un'ulteriore rilevante espansione in termini di addetti »imputabile in gran parte ai rilevanti processi di stabilizzazione del personale esterno«. Nel corso della crisi economica il settore ha conosciuto »una battuta d'arresto solo parziale«. In termini di addetti il settore ha visto aumentare del 12% circa l'occupazione tra il 2008 e il 2012, giungendo a circa 51.000 addetti (esclusi i collaboratori esterni). Secondo i dati del 2011 complessivamente, nel settore dei call center, lavoravano circa 80.000 addetti.

In termini di imprese, invece, si registra una riduzione, circoscritta alle microimprese, che ha portato il numero complessivo di unità attiva a 1.400 circa. Nel 2011 le imprese che operano nel settore hanno realizzato un fatturato di circa 2,3 miliardi di euro.

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